L’importanza delle indagini ambientali negli ambienti di lavoro

03 Ottobre 2022 18:00

Nella maggior parte delle aziende produttive il rischio chimico, così come il rischio cancerogeno, sono rischi che possono essere presenti negli ambienti di lavoro, o per gli agenti chimici utilizzati in forma pura o in miscela, o per gli agenti chimici sviluppati nell’ambito del ciclo produttivo. Il livello di rischio di questi agenti viene stabilito non solo, come è ovvio che sia, dalla pericolosità degli agenti chimici o cancerogeni che vengono utilizzati o prodotti nell’ambito del ciclo produttivo, ma anche dalle condizioni ambientali intrinseche degli ambienti di lavoro. Approfondiamo questa tematica in un’intervista con il Tecnico Dott. Fabio Zanichelli, dell’Area Tecnica Ambiente di Teco srl.

Cosa significa misurare gli agenti chimici negli ambienti di lavoro?

“Significa progettare indagini ambientali che devono essere svolte sul campo da tecnici competenti con l’utilizzo di strumenti atti a captare gli inquinanti potenzialmente presenti in quell’ambiente. I diversi substrati (fiale, membrane, soluzioni, radielli, ecc..) impiegati per il campionamento degli inquinanti vengono successivamente analizzati in laboratori specializzati ed accreditati. In questo modo si ottiene un valore di inquinante presente e successivamente viene calcolata la concentrazione degli inquinanti aerodispersi nell’ambiente di lavoro. Il valore di concentrazione viene confrontato con i valori di riferimento previsti dalle normative, definiti valori limite occupazionali.”

Esistono normative specifiche che dettagliano metodologie e criteri?

“Certamente. La principale norma tecnica di riferimento è la norma UNI EN 689:2019, che delinea la strategia per la valutazione del rischio occupazionale di esposizione ad agenti chimici aerodispersi. La norma fornisce anche le informazioni necessarie relative ai metodi e strategia di campionamento, così come di confronto dei risultati dell’indagine ambientale con i valori limite di riferimento. E’ una norma molto tecnica, che contiene anche elementi di chimica e di statistica.”

La norma di cui ci ha parlato ha in qualche modo a che vedere anche con il Testo Unico Sicurezza?

“Sì, diciamo che il Testo Unico Sicurezza, il D.Lgs. 81/08 è come se fosse una cornice di inquadramento, all’interno della quale si incastrano tanti tasselli correlati alla prevenzione e protezione dei rischi nei luoghi di lavoro. La norma UNI EN 689 è fra le norme richiamate all’Allegato XLI del decreto, ed è una delle principali norme di riferimento per le metodiche standardizzate di misurazione degli agenti. Diciamo che, legislativamente, questo è un modo con cui il decreto legittima i tecnici igienisti industriali e, attraverso di loro, le aziende, ad utilizzare i criteri di questa norma per l’esecuzione delle misurazioni in campo.”

Quali sono le fasi previste dalla norma?

“La valutazione dell’esposizione, secondo la metodologia che la norma prevede, comprende la caratterizzazione di base dei luoghi di lavoro, la costituzione dei gruppi di esposizione similare (i cosiddetti gruppi omogenei), l’individuazione di una procedura di misurazione idonea, ovvero la più corretta strategia di campionamento, l’esecuzione delle misurazioni dell’esposizione, la validazione dei risultati delle misurazioni dell’esposizione, il confronto dei risultati con i valori limite di riferimento. La norma fornisce inoltre indicazioni e scadenze per la rivalutazione periodica dell’esposizione, che deve essere con una periodicità differente in funzione dei differenti livelli di rischio riscontrati. In generale ed in sintesi, tanto più è alto il livello di concentrazione rilevato, tanto più la ripetizione, generalmente denominata scadenza, delle misure deve essere più ravvicinata nel tempo.”

Chi è che stabilisce i valori limite di riferimento?

“I valori limite di riferimento sono definiti negli allegati XXXVIII (agenti chimici) e XLIII (agenti cancerogeni) del D.Lgs. 81/08 e da altri enti internazionali, come ad esempio l’ACGIH, che è un’associazione professionale americana non governativa, a carattere scientifico, che anche in Italia è considerata come uno dei principali riferimenti di confronto nel mondo dell’igiene industriale. Nel mondo produttivo attuale, possiamo anche affermare che non tutti gli agenti chimici presenti hanno un valore limite di riferimento: in linea di massima possiamo dire che lo hanno solo gli agenti chimici più utilizzati o più presenti oppure classificati pericolosi.”

Cosa occorre fare se i valori limite di riferimento vengono superati?

“Questa è la situazione di massimo rischio. Trattasi di fatto di una non conformità, perché significa che le misure di prevenzione attuate non sono sufficienti a tenere il rischio sotto controllo e quindi a livelli “accettabili”. Il datore di lavoro deve essere informato ed il valutatore deve consigliare all’azienda un adeguato programma con misure tecniche e pianificazione temporale per ridurre le esposizioni dei lavoratori: ad esempio un potenziamento della portata degli impianti di aspirazione, oppure una pulizia straordinaria dei filtri, una schermatura se trattasi di radiazioni ottiche, una delimitazione o separazione delle aree lavorative, fino ad arrivare a progettare attività in circuiti chiusi o giungere alla sostituzione dell’agente pericoloso con uno meno pericoloso. Dopo l’adozione di queste misure, le indagini devono essere ripetute per verificare la conformità delle misure attuate.”

Se invece i valori misurati sono al di sotto dei valori limite di riferimento significa che non ci sono rischi?

“Non è esattamente così. Se i valori misurati sono al di sotto del 10% dei valori limite di riferimento, possiamo dire che il rischio è riclassificabile a rischio basso e ciò significa che è sotto controllo. Se invece i valori sono al di sopra di questa soglia, maggiore del 10%, e comunque al di sotto dei valori limite di riferimento, si è in una cosiddetta fascia intermedia di rischio, che deve essere tenuta monitorata nel tempo. Occorre quindi progettare un programma di misure tecniche e temporali atte a ridurre il rischio e pianificare un piano di campionamenti periodico e pluriennale, con periodicità di effettuazione delle analisi in considerazione di quanto si è prossimi o meno ai valori limite di riferimento.”

Occorre una preparazione specifica per effettuare questo tipo di indagini? Cosa deve conoscere il valutatore?

“Sì, la norma stessa prevede che le indagini ambientali vengano progettate ed effettuate da un tecnico adeguatamente formato ed esperto riguardo a principi di igiene occupazionale, tecniche di lavoro e misurazione. Occorre senz’altro coinvolgere anche il personale interno all’azienda, che ha una conoscenza approfondita del ciclo di lavoro e delle mansioni dei lavoratori esposti. L’azienda deve sempre essere primariamente coinvolta, perché deve fornire tutte le informazioni per la più corretta progettazione dell’attività di raccolta dati e campionamento, anche per un corretto monitoraggio nel tempo. Ad esempio, devono essere considerati anche eventuali interventi di manutenzione straordinaria agli impianti oppure modifiche strutturali avvenuti nel tempo agli impianti stessi.”

 

© Copyright 2024 Editoriale Libertà