Frutta, insalata e pane: il cibo che gli italiani buttano vale 11 miliardi di euro all’anno

29 Settembre 2022 05:00

La frutta l’alimento più sprecato del pianeta.
È quanto emerge dal secondo “Cross Country Waste Watcher International”, il primo rapporto globale fra cibo e spreco reso noto oggi, Giornata internazionale di consapevolezza sulle perdite e gli sprechi alimentari.
Una ricerca promossa dalla campagna Spreco Zero di Last Minute Market con il monitoraggio Ipsos, realizzata in nove Paesi del mondo: Italia, Spagna, Germania, Francia, Regno Unito, Stati Uniti, Sudafrica, Brasile, Giappone.
Secondo l’indagine, In Italia gettiamo individualmente 30,3 grammi di frutta alla settimana; segue l’insalata con una media di 26,4 grammi pro capite, e il pane fresco con 22,8 grammi.
Ci superano però gli Stati Uniti, con 39,3 grammi a testa, la Germania con 35,3 e il Regno Unito che si attesta su uno spreco settimanale di 33,1 grammi a testa.
In tema di spreco della frutta vanno meglio il Sudafrica (11,6 grammi) e la Francia (25, 8 grammi).
E ancora, in Italia gettiamo ogni settimana 21 grammi di verdure e 22,8 grammi di tuberi, aglio e cipolle. Mentre altrove, nella nefasta “hit” degli alimenti più sprecati, entrano per esempio latte e yogurt (38,1 grammi settimanali negli Stati Uniti, 27,1 in Germania), o ancora gli affettati e salumi (21,6 grammi in Francia, 14,2 grammi settimanali in Giappone), ma anche riso e cereali che in Brasile si gettano per 27,2 grammi settimanali, o i cibi pronti che i giapponesi sprecano in misura media di 11,5 grammi settimanali.
All’indagine hanno preso parte novemila cittadini, con un campione statistico di mille interviste per ciascun Paese.


“Il rapporto – spiega il direttore scientifico Waste Watcher International, Andrea Segrè, fondatore della campagna Spreco Zero, ordinario di Politica agraria internazionale all’Università di Bologna – conferma con dati puntuali il forte collegamento fra abitudini di consumo, spreco alimentare e diete sane, sostenibili e tradizionali come la dieta mediterranea. Aumentare la consapevolezza dei cittadini e delle istituzioni in tutto il mondo permette di promuovere un’alimentazione sana e sostenibile, com’è appunto la dieta mediterranea, e di prevenire e ridurre lo spreco alimentare a livello domestico. Anche il consumo e la cucina domestica permettono di ridurre lo spreco: chi è abituato a mangiare fuori spreca di più in casa. Sono questioni che i cittadini ma anche e soprattutto le governance del pianeta devono adesso affrontare in modo strutturale”.
LO SPRECO È ANCHE DI ENERGIA
Buttare cibo significa anche sprecare energia. Nel 2022, annus horribilis per i costi energetici in tutto il pianeta, l’Osservatorio Waste Watcher International ha monitorato l’incidenza dello spreco alimentare rispetto all’energia “nascosta” utilizzata nella catena di produzione agroalimentare.
Sulla base dei dati sullo spreco alimentare in Italia comunicati da Waste Watcher (1.866.000 tonnellate di cibo gettate complessivamente annualmente solo nelle nostre case, oltre a 5.164.928 tonnellate nella filiera di produzione e distribuzione), vale ben 4,02 miliardi di euro lo spreco di energia “nascosta” nel cibo che abbiamo gettato lo scorso anno nelle nostre case. Un costo che porta a circa 11 miliardi euro complessivi il valore dello spreco alimentare in Italia.
Il dato è generato dalla metodologia Waste Watcher International su report Enea: in Italia la produzione alimentare assorbe oltre l’11% dei consumi energetici industriali totali, per circa 13,3 milioni di tonnellate di petrolio equivalente.
Lungo l’intera filiera si sprecano circa 67 chili di cibo a persona (Food Waste Index Onu), che equivalgono al 18% della produzione, e sempre in Italia viene sprecato il 35% di cibo a livello domestico. Per questo l’energia sprecata con lo spreco alimentare domestico vale circa 4,02 miliardi di euro, sulla base di un costo dell’energia elettrica pari a circa 0,4151 €/kWh. Lo stesso spreco alimentare domestico nel periodo equivalente del 2020 determinava una perdita economica a livello energetico di 1,61 miliardi di euro. Ridurre lo spreco alimentare determinerebbe una diminuzione non solo dell’impronta energetica ma anche degli impatti ambientali, considerato che la maggior parte dell’energia usata nelle filiere agroalimentari è di origine fossile.

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