Cadavere ponte di Tuna: “Ucciso dai colleghi indiani per ragioni di soldi”

04 Settembre 2016 12:30

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Ucciso brutalmente dai colleghi della stalla per ragioni di denaro. Si chiamava Jagtar Singh, 34 anni, l’uomo il cui cadavere è stato ritrovato mercoledì pomeriggio sotto il ponte del Trebbia, a Tuna, infilato in sacchi neri dell’immondizia con mani e piedi legati.

Era un indiano di religione sikh proveniente dal Punjab, regione a cavallo tra India e Pakistan, come molti suoi connazionali arrivato in Italia per lavorare poco più di un anno fa. E dal Punjab arrivavano anche i quattro connazionali che ieri mattina all’alba, dopo soli tre giorni di indagini serratissime, sono stati fermati dai carabinieri con le pesanti accuse di omicidio volontario in concorso e occultamento di cadavere.

Dopo essere stati messi sotto torchio e dopo che nelle ore precedenti era maturata con certezza l’identità della vittima grazie alle impronte digitali, uno di loro è crollato e ha confessato il barbaro delitto. L’orologio segnava le 4 di domenica mattina. I fermati sono di età compresa tra i 29 e i 33 anni. Tutti sono già stati ascoltati dal piemme Emilio Pisante, che coordina le indagini, ed entro 48 ore dal fermo – quindi al più tardi lunedì 5 settembre – verranno ascoltati anche dal gip Giuseppe Bersani per la convalida del fermo. Nel frattempo sono stati tutti trasportati in cella alle Novate.

Erano tutti bergamini, impiegati da un anno circa in un’azienda agricola vicino alla zona del ritrovamento del corpo. Abitavano tutti e cinque lì, vittima e presunti assassini, probabilmente in un fabbricato messo loro a disposizione dai titolari della ditta. A spingerli a uccidere il loro compagno sarebbero state motivazioni di carattere economico. Stando a quanto dichiarato in conferenza stampa dal colonnello Corrado Scattaretico, comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri, e dagli altri ufficiali dei carabinieri, la vittima avrebbe svolto le mansioni «del caporale» e avrebbe fatto da tramite tra l’azienda stessa e gli addetti indiani alle stalle per quanto riguardava gli stipendi. «Nonostante l’azienda li pagasse regolarmente con tanto di busta paga, in un anno i quattro avrebbero solo ricevuto delle briciole». Questo avrebbe scatenato la furia omicida.

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