L’odissea di don Lukoki: “Bloccato all’estero per due mesi, finalmente sono a Piacenza”

13 Aprile 2020 04:00

Prima un viaggio straziante in Congo per stare insieme alla famiglia colpita da un grave lutto. Poi il tentativo di tornare in Italia, in concomitanza con l’esplosione dell’epidemia da Covid-19. A quel punto, quindi, una tappa a metà strada a Parigi. E finalmente il rientro a Piacenza, con l’obbligo di restare in isolamento per quattordici giorni. È stata una vera e propria “odissea” quella vissuta da don Alphonse Lukoki, parroco di San Savino, che per quasi due mesi è rimasto lontano dalla nostra città a causa dell’improvvisa diffusione dei contagi da Covid-19.

“Lo scorso 17 febbraio – racconta il prete – sono partito per il Congo, il mio paese d’origine, per abbracciare i miei parenti afflitti da quattro pesanti lutti dovuti alle malattie africane”. Un’emergenza contro la quale, tra l’altro, don Lukoki lotta da tempo attraverso importanti iniziative di beneficenza. “Dovevo tornare in Italia lo scorso 9 marzo, ma lo scoppio dell’allerta sanitaria mi ha bloccato all’estero. Per avvicinarmi alla nostra Penisola, dunque, sono stato per tre settimane nella capitale francese, a casa di un mio cugino”. E in questo periodo il parroco di San Savino non ha mai interrotto i contatti con i fedeli del quartiere, tramite videochiamate e messaggi di conforto. “Grazie all’ambasciata italiana a Parigi – prosegue don Lukoki – sono riuscito a rincasare a Piacenza, con un volo dalla Francia a Francoforte e poi da Francoforte a Milano Malpensa”. Una volta arrivato nella nostra provincia, il prete congolese ha comunicato la propria situazione all’Asl: “Adesso devo sottopormi a un periodo di quarantena obbligatoria, come previsto per i cittadini in rientro dall’estero”.

RIFLESSIONE PASQUALE – In occasione della festività di Pasqua, don Lukoki invita i parrocchiani a riflettere sul senso profondo della terribile epidemia in atto: “Pensavamo che le nostre vite non potessero esistere al di là di attività frenetiche, sport o giri in auto. Abbiamo costruito una società sempre di corsa, priva di sorprese. E a un certo punto, però, siamo stati costretti a fermarci. Approfittiamone per consolidare i rapporti in famiglia, pregare, riflettere, pensare al futuro, perdonare e perdonarci. Questa pandemia ha sottolineato l’essenza della nostra umanità, improvvisamente spenta dal virus: senza ricchi o poveri, bianchi o neri”.

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