I cento giorni che hanno sconvolto Piacenza: 21 febbraio-31 maggio. “Ferita che non si rimargina”

31 Maggio 2020 04:00

Il 21 febbraio 2020 segna, per la nostra provincia, l’inizio di quello che tutti noi ricorderemo come un incubo senza precedenti, un tunnel di paura e di solitudine, di morte e di disperazione. Il Coronavirus si abbatte su Piacenza come un terremoto che sconvolge la vita quotidiana di un’intera comunità e lascia dietro di sé 946 vittime.
All’inizio è solo il paziente 1 di Codogno, Mattia, poi è la volta di un infermiere; neanche il tempo di rendersi conto di ciò che sta accadendo che i reparti degli ospedali piacentini vengono investiti da uno tsunami di cittadini contagiati, che necessitano di cure. Dieci, venti, duemila.
E’ l’apocalisse: nelle strade sfrecciano solo ambulanze con le sirene spiegate, giorno e notte, incessantemente. Al pronto soccorso di Piacenza si contano 150 ricoveri al giorno. Dal 26 febbraio iniziano i primi decessi e il terrore cresce. Dal 12 marzo si superano i 10 morti al giorno. Il 22 marzo segna il punto di non ritorno: il Covid-19 uccide 33 piacentini in una sola giornata.
E’ il panico. Partono le restrizioni su tutto il territorio nazionale ma ormai Piacenza sta pagando un prezzo altissimo. Gli operatori sanitari fanno il possibile e, nel tentare di arginare l’emergenza, si ammalano a loro volta.

Oggi, 31 maggio, la città risolleva la testa e guarda al futuro con più speranza. Sono trascorsi 100 giorni esatti e la situazione sta migliorando, i decessi si sono azzerati e i contagi sono ai minimi termini, ma il nostro territorio ne esce con cicatrici indelebili. “Ci ha lasciato un pezzo di città, questa è la ferita più profonda che non si rimargina” – spiega il sindaco di Piacenza, Patrizia Barbieri, riferendosi a chi ha pagato con la vita l’arrivo di questo invisibile quanto terribile virus. “Il nostro territorio ha vissuto una tragedia che non possiamo dimenticare – aggiunge – il pensiero va sempre alle persone che ci hanno lasciati. Penso a chi ha condiviso con me un percorso lavorativo come il consigliere Nelio Pavesi, il sindaco di Ferriere Giovanni Malchiodi, il direttore di Confindustria Cesare Betti, ma anche a tutti coloro che non facevano parte di istituzioni o di categorie economiche ma erano amici, conoscenti, familiari. Adesso, nella consapevolezza della tragedia che abbiamo affrontato, dobbiamo essere sempre più forti e uniti per lavorare insieme e far ripartire il nostro territorio e per essere accanto a tutte le persone che hanno bisogno di essere aiutate dal punto di vista economico ma anche psicologico. Ci sono famiglie che hanno perso gli affetti e, contemporaneamente, anche il lavoro – prosegue il primo cittadino – c’è stata anche tanta solitudine e sofferenza con le restrizioni che non consentivano di ricevere un supporto o un aiuto per allentare le tensioni e il forte dolore”.

Patrizia Barbieri è sempre stata in prima linea pur avendo contratto il Coronavirus e oggi che in fondo al tunnel si intravede la luce, lancia un appello: “Questa ferita profonda ci deve dare la forza di ripartire e di essere determinati ad aiutare il nostro territorio e, soprattutto, ad aiutarci tra di noi”.

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