Ristoranti chiusi, la notte dei rider: “Sempre più consegne di cibo a casa, ma pochi soldi e molti rischi”

21 Novembre 2020 21:22

Elmir ha scoperto questo lavoro nel lockdown di primavera e non l’ha più mollato: “Ero disoccupato, per fortuna sono riuscito a trovare un modo per guadagnare qualche spicciolo. Continuo a farlo”. Andrea si è reinventato: “Facevo il cameriere in un ristorante, con le ultime restrizioni anti-Covid sono rimasto a casa. Ora porto il cibo in monopattino”. Elmir Buljubasic (24 anni) e Andrea Gilioli (18 anni) sono due fattorini addetti alla consegna di cibo a domicilio. I cosiddetti “rider”, che ogni sera – oggi più che mai – viaggiano freneticamente da un quartiere all’altro di Piacenza per consegnare piatti caldi, pizza, sushi, panini, piadine e dolci. Con la chiusura forzata dei ristoranti e l’ingresso del nostro territorio in zona arancione, anche qui il servizio di “delivery” prende sempre più piede. Così dalle 22 in poi, allo scattare del coprifuoco, sulle strade cittadine ci sono quasi solo loro: i “rider”. Tra nebbia, freddo, pericoli e un guadagno minimo.

“Il compenso è molto basso, certo – conferma Buljubasic, nato in Bosnia – ma in un momento così difficile, lavorare come rider è una buona occasione. In questi giorni, gli ordini aumentano a dismisura”. Ogni sera Gilioli, studente, infila lo zaino termico in spalla, indossa i guanti di lana e sale sul monopattino: “Faccio un giro nella città deserta, porto il cibo nelle case e metto in tasca un po’ di soldi. Fino a qualche settimana fa, facevo il cameriere. Dopo le nuove restrizioni anti-Covid, però, il mio datore di lavoro non è riuscito a confermarmi… Ecco perché sono diventato un rider”. Il suo collega Matteo Chiesa, 19 anni, è amareggiato: “Sono uno studente, ma di sera consegno gli ordini in bicicletta. C’è poco rispetto per il nostro lavoro, le auto ci tagliano la strada e rischiano di investirci. Molti clienti sono scorbutici, purtroppo qualcuno ci apre la porta senza mascherina. Dov’è il rispetto?”. Imran Khan, 23 anni, pakistano, continua a pedalare: “Percorro oltre quindici chilometri al giorno. È il mio lavoro, mi aiuta ad andare avanti”.

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