Campus Arata, felice risultato di un progetto di rigenerazione urbana

22 Marzo 2023 00:00

Campus Arata dopo la rigenerazione Fotografia di Andrea Foppiani

 

Compie 15 anni di “seconda vita” il Campus Arata, felice risultato di un progetto di rigenerazione urbana che oggi unisce passato e futuro

Rigenerazione. Non c’è concetto oggi più diffuso nell’architettura. Rigenerare significa trasformare luoghi limitando il consumo di risorse ambientali e recuperare spazi di identità storica. Ma permette anche di costruire nuove forme di coesione sociale perché non c’è rigenerazione senza un rinnovamento delle comunità che abitano le nostre città.

Sono argomenti molto dibattuti in questi anni nelle aule del Politecnico di Milano. Quello che di unico succede al Polo Territoriale di Piacenza è che teoria e pratica si uniscono in maniera straordinaria. Perché l’attività didattica avviene in due Campus che sono il risultato di intensi progetti di rigenerazione urbana.

In particolare, l’ex Macello di Sant’Anna (oggi Campus Arata) proprio quest’anno celebra i 15 anni della sua “seconda” vita. Era infatti fine febbraio del 2008 quando l’allora sindaco Roberto Reggi, insieme a Giulio Ballio (Rettore del Politecnico) e Renzo Marchesi (presidente del Centro di Sviluppo del Polo) inauguravano lo spazio recuperato. C’erano voluti 9 anni di lavori per trasformarlo in uno spazio innovativo per la cultura, l’arte e la formazione. Il Macello era stato inaugurato a fine Ottocento e per 90 anni aveva svolto la sua attività prima di essere chiuso nel 1985 e di entrare in una fase di progressivo abbandono.

Macello di Sant’Anna prima della rigenerazione Fotografia di Enrico Bergonzoni 

 

Il progetto di restauro, elaborato dagli uffici tecnici comunali e diretto da Graziano Sacchelli, prevedeva funzioni diverse, a costruire un Urban Center che fosse un punto di riferimento per la città. I risultati, 15 anni dopo, sono addirittura oltre le aspettative: oggi l’ex Macello è uno spazio ospitale e attrattivo, vivo e dinamico, frequentato ogni giorno da centinaia di studenti e docenti internazionale che frequentano i corsi di architettura e di ingegneria del Politecnico di Milano. Si esercitano sulla rigenerazione urbana in un luogo che ne è l’emblema. Innanzitutto, perché ha riattivato connessioni e relazioni, fisiche e virtuali. Era un luogo inaccessibile, oggi permette di collegare via Scalabrini con Stradone Farnese: un percorso a disposizione dei cittadini che qui trovano anche una serie di piccole infrastrutture e attività: la biblioteca, gli spazi mostre, i tavoli da ping-pong.

Se c’è una parola che può descrivere il Campus Arata oggi è integrazione: di usi, di ritmi, di generazioni, di culture, di provenienze. Oltre al Politecnico con la sua comunità c’è il Museo di Storia Naturale e la sede dell’Ordine degli Architetti. Molte iniziative vengono organizzate nel Padiglione Vegezzi, il più grande, una cattedrale laica della cultura.

E la progettazione, di quasi 30 anni fa, ha anticipato tante delle questioni energetiche oggi così diffuse: il Campus Arata è uno spazio ampio, senza macchine, pensato per i pedoni e con suoli completamente permeabili, realizzato senza ampliare le parti costruite. Contribuisce così anche a ridurre l’impronta ambientale di tutto il quartiere.

Storia e futuro qui si sono ritrovati e da 15 anni ogni giorno, al di là dei suoi riconoscibili muri in mattoni rossi e delle suggestive sagome dei padiglioni e della ciminiera, definiscono nuove forme di convivenza e di cultura urbana. Una sfida vinta per la città di Piacenza, una lezione “costruita” per tutti gli studenti del Politecnico.

Viaggio nella storia architettonica locale

Non solo nel recupero attento delle architetture e dei dettagli, l’identità culturale di questo luogo viene enfatizzata anche dai nomi dei Padiglioni, dedicati a figure di rilievo della cultura edilizia locale. Il Campus prende il nome da Giulio Ulisse Arata, importante architetto piacentino (1881-1962), docente a Bologna. Il Padiglione più rappresentativo è intitolato a Nello Vegezzi, artista e poeta vissuto a Piacenza tra 1929 e 1993. Al suo fianco il piccolo spazio Diofebo Negrotti ricorda proprio l’architetto autore del progetto per il Macello. Di fronte, la sede dell’Ordine degli Architetti è dedicata a un trattatista come Jacopo Barozzi da Vignola (1507-1573). Gli altri 2 Padiglioni grandi (ospitano fino a 100 studenti) ricordano invece due architetti locali: Manfredo Manfredi (1859-1927) e Arnaldo Nicelli, di Fiorenzuola (1876-1946). Più piccolo è lo spazio Alessandro Bolzoni, architetto e trattatista cinquecentesco (1546-1636). Davanti al prato (che è il cuore del Campus) c’è il Padiglione Camillo Guidotti (1853-1925), ingegnere e architetto restauratore. Mentre gli uffici dei docenti sono nel padiglione Mario Bacciocchi (1902-1974), architetto novecentesco di Fiorenzuola. Attraversare il Campus è quindi anche una passeggiata di conoscenza per cittadini e per turisti, oltre che per gli studenti. Sempre più spesso, anche nei Campus universitari internazionali, aule e laboratori sono identificati da anonime sigle. Qui no, Piacenza attraverso l’ex Macello rigenerato racconta una storia diversa che diffonde l’eredità culturale della città e del territorio.

 

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