Metal Gear: i primi 35 anni di una saga leggendaria

Di Andrea Peroni 14 Luglio 2022 04:20

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Non è un caso che Metal Gear sia nato dalla mente di quello che viene considerato il primo autore di videogiochi, Hideo Kojima. Non è un caso, perché si parla di uno dei franchise di maggior influenza nella storia del medium, una complessa e stratificata saga che da 35 anni influenza in maniera più o meno diretta il modo di interpretare e concepire il videogioco come rappresentazione dei temi politici e delle paure ricorrenti. E sebbene non se ne senta più parlare da un po’ di tempo, complici le riorganizzazioni in casa Konami a partire dal 2015, i fan non possono fare a meno di ricordare l’odierno anniversario di una leggenda.

Era infatti il 13 luglio 1987 quando il pubblico giapponese conobbe per la prima volta Metal Gear su NES, MS-DOS e Commodore 64. Approdato poi in Occidente solo nel 2006, il primo storico capitolo della serie fu in grado di ridefinire le dinamiche dei videogiochi stealth, dando forma poi a un’intricata storia di spionaggio, politica e intrighi nella quale l’eroe americano Big Boss, noto anche come Snake, è impegnato in una missione segreta nella base di Outer Heaven in Sudafrica per fermare l’arma definitiva, il METAL GEAR che dà anche il nome alla serie. Il pubblico del Sol Levante rimase letteralmente stregato dall’esperienza, e Konami, azienda produttrice, fiutò il successo dando carta bianca a Kojima per ampliare l’universo narrativo e proseguire il franchise.

Tralasciando lo spin-off Snake’s Revenge, assurdamente non pubblicato in Giappone, nel 1990 arrivò Metal Gear 2: Solid Snake, che riproponeva la formula del primo capitolo introducendo però molte novità e, soprattutto, puntando sull’effetto sorpresa verso il giocatore continuamente frastornato dalla quantità di colpi di scena e ribaltamenti di fronte della narrazione. Da lì in poi, la serie si prese alcuni anni di pausa, giustificato per l’enorme cambiamento che il mondo dei videogiochi stava subendo. Con l’arrivo ad esempio di Nintendo 64 e PlayStation, gli sviluppatori iniziarono a sperimentare con le esperienze tridimensionali, e così fece anche Kojima. La sua saga più importante è da sempre sinonimo di innovazione continua, e infatti nel 1998 Solid Snake rientra in azione con l’incredibile Metal Gear Solid. Da quel momento in poi, la serie adotterà questa dicitura per i capitoli principali successivi, senza mai adagiarsi sugli allori.

In mezzo a mille tra spin-off, prequel, sequel, midquel, remastered e remake, la narrazione principale è poi proseguita con Sons of Liberty, Snake’s Eater, Guns of the Patriot e il più recente di questi, Metal Gear Solid V: The Phantom Pain, che abbracciava la filosofia open world senza mai venir meno alla sua profonda natura di interpretazione del gameplay, cresciuta inevitabilmente nel corso degli anni grazie ovviamente al suo visionario creatore. È assurdo pensare, oggi, che proprio MGS 5, nonostante recensioni estremamente positive e un buon successo alle vendite, viene considerato l’inizio della fine di una saga leggendaria.

Pur dovendo fare i conti con una fase di inevitabile stanchezza narrativa, comprensibile quando viene richiesto di incastrare una nuova storia mai raccontata all’interno di un universo che aveva all’attivo decine e decine di prodotti canonici, MGS 5 è stato generalmente ben accolto dal pubblico, ma qualcosa nei meandri di Konami era accaduto durante lo sviluppo. Con i rapporti sempre più tesi, Hideo Kojima abbandonò l’azienda giapponese con la quale aveva trascorso quasi 30 anni della sua carriera, fondando il suo studio indipendente Kojima Productions e lasciando Metal Gear al suo destino. Un destino, sfortunatamente, poco felice.

Dall’addio del suo creatore, con una Konami in preda al delirio produttivo che purtroppo prosegue ancora oggi e colpisce ogni sua proprietà intellettuale, Metal Gear è stato sostanzialmente mandato in pensione, se dimentichiamo i pachinko dedicati (per chi non li conoscesse, si tratta di giochi d’azzardo molto in voga in Giappone), alcuni prodotti del merchandise, e il fallimentare Metal Gear Survive, concepito come una sorta di spin-off del quinto capitolo ma considerato da molti la pietra tombale del franchise per averne tradito gli ideali. Da anni, troppi anni, una delle saghe più longeve e famose di sempre è scomparsa dai radar, e al di là di qualche rumor e indiscrezioni che parlano del possibile ritorno dei primi capitoli in versione remake, non vi sono più tracce di Metal Gear. Konami è ormai dedita a eFootball e, forse, a rilanciare Silent Hill, ma anche se un giorno Snake dovesse tornare sulle scene, non lo farebbe insieme a colui che lo ha creato, ormai lontano dall’azienda e impegnato su molteplici progetti tra cui Death Stranding 2 e un’inedita IP per il cloud gaming di Xbox.

Metal Gear è finito? Sembra di sì, ed è un gran peccato.

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