Da Mina a Lucio Dalla: il trombettista che ha suonato coi più grandi

04 Marzo 2021 00:06

Assieme alla sua tromba ha attraversato a ritmo di swing oltre mezzo secolo di musica italiana, accompagnando alcuni dei più grandi cantanti che il nostro Paese abbia mai applaudito. Cesare Zannetti, detto “il rosso” per quella chioma e quella barba divenute negli anni suo marchio di fabbrica, ha letteralmente consacrato la sua vita alla musica. Nato nel cuore della Romagna lo stesso anno di Lucio Dalla, nel 1943, ma piacentino d’adozione ormai da parecchi anni, Zannetti (ironia della sorte) ci è poi finito a suonare con il grande Dalla.

“E mica solo con lui – tiene a puntualizzare con quell’inconfondibile accento romagnolo – ho avuto l’onore di condividere il palco coi più grandi”.

Partiamo dall’inizio. La sua carriera da trombettista ha avuto inizio alla fine degli anni ’50 e non si è più fermata. “Si, a quel tempo in casa di soldi non ne giravano tanti, per questo mia madre mi spedì da una zia che stava a Bologna, per studiare musica al Conservatorio. Ben presto, però, dato che con la tromba andavo forte, sono iniziate le prime collaborazioni. La più importante, e che ho portato avanti per anni, è stata quella con il grande Piergiorgio Farina: assieme alla sua orchestra accompagnavamo all’hotel Savioli di Riccione artisti incredibili. Aneddoti? Potrei snocciolarne per una giornata intera! Ricordo che Massimo Ranieri era fissato con il flipper, e mentre noi provavamo i suoi pezzi, lui giocava come un forsennato facendo un baccano infernale. Renato Zero, poi… Che risate! Una sera iniziò ad esibirsi e a metà canzone cominciò a piovere che Dio la mandava: suonavamo all’aperto e un vero uragano si abbatté su di noi e sul pubblico, le signore ingioiellate smisero si ascoltare per scappare all’interno e lui si arrabbiò come una bestia!”.

E Lucio Dalla? Ha conosciuto bene anche lui. Oggi è il 4 marzo, una data speciale…

“Lucio lo conobbi nella metà degli anni ’60, suonando assieme a Pupi Avati, altro grande clarinettista oltre che regista. Con Dalla venne poi a crearsi un rapporto particolare: dopo aver suonato con lui e Avati e dato che avevamo fatto un po’ amicizia, Lucio, che era sulla rampa di lancio, mi chiese di seguirlo assieme alla sua orchestra in una tournée in giro per l’Italia. Fui davvero tentato, ma non potevo voltare le spalle a Farina, che tanto aveva fatto per me… Così, in quella assolata primavera di fine anni ‘60, rifiutai. Quell’estate, Lucio venne invitato come ospite speciale alla storica “Mecca” di Rimini, una discoteca stupenda che all’epoca era molto in voga tra i giovani. Per una settimana fu la guest star: io e la mia orchestra suonavamo a inizio serata, Lucio arrivava e assieme ai suoi ragazzi ci faceva sbaraccare, prendendo il nostro posto. Terminati i suoi pezzi, scendeva dal palco e a noi toccava rimontare tutto per suonare sino a notte fonda. Tutte le sere, quando scendeva coi suoi e io salivo coi miei, ci incrociavamo sui gradini: ‘Ecco, Cesare, a quest’ora tu potevi aver finito…’ mi diceva con la sua sigaretta accesa e un leggero sorriso. Se l’era legata al dito… E questo siparietto si ripeté ogni sera per una settimana!”.

Non solo Dalla, si diceva all’inizio: la sua carriera è stata costellata di incontri e incroci eccellenti. “Basti pensare che nei primi anni ’70 ho condiviso il palco con una leggenda come Mina… Alla Bussola, in Versilia. Una voce sensuale e straordinaria come poche al mondo”.

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