Giornalismo e giovani: “Servono nuovi linguaggi, ma anche professionalità”
08 Marzo 2025 16:28
Un giornalismo più inclusivo, aperto alla transizione digitale tanto quanto al contributo dei cittadini, e al contempo attento ai nuovi linguaggi dei giovani e dei social.
Il sogno degli studenti del corso di formazione di Cives dal titolo “È la stampa, bellezza!” (giunto ieri sera all’ultimo atto, introdotto dalle moderatrici Angela Fugazza e Sara Groppi) può essere letto alternativamente come un gesto d’amore nei confronti del “mestiere più bello del mondo” o come un guanto di sfida lanciato all’informazione tradizionale.
Una sfida a cui gli ospiti della serata (il vescovo Adriano Cevolotto, il vicesindaco di Piacenza Matteo Bongiorni e il direttore di Libertà Gian Luca Rocco) non si sono sottratti, provando, dalla cattedra dell’aula Piana dell’Università Cattolica, a riempire quell’apparente distanza tra giovani lettori e professionisti dell’informazione.
“La struttura dei media tradizionali – ha detto monsignor Cevolotto – non va smantellata, ma certamente va ripensata per dialogare meglio. Anche come Chiesa siamo chiamati a chiedere alle nuove generazioni un supporto per aiutarci a comunicare con loro, visto che oggi le raggiungiamo solo in piccolissima parte”.
Ma come imparare a trasmettere bene gli obiettivi e costruirli tutti insieme? “Una comunità – ha risposto il vicesindaco Bongiorni – vive del dialogo costante tra amministratori e cittadini. Devo ammetterlo, io sono un po’ alla vecchia maniera: la mattina leggo ancora il giornale, poi guardo il tg e ascolto la radio e soprattutto, da quando sono stato nominato vicesindaco, ho abbandonato i social. Ma per sopravvivenza, non per spocchia”.
Il direttore Rocco è intervenuto raccogliendo diverse sollecitazioni degli studenti in platea sul ruolo e il destino proprio dei media tradizionali: “Stanno già vivendo una fase di trasformazione, Editoriale Libertà è diventata un sistema multimediale complesso, un tavolo che poggia su quattro gambe: il giornale, il tg, il sito (che verrà integralmente rinnovato da aprile) e i social. Su Instagram, ad esempio, abbiamo iniziato a costruire un percorso con contenuti pensati per quel tipo di social dal principio e i risultati ci stanno dando ragione. Ma devo anche ammettere che concetti come il “city journalism” mi fanno un po’ sorridere: già nel 2006, quando lavoravo in Mediaset, avevamo aperto al contributo dei nostri ascoltatori, ma la verità è che non tutti possono essere giornalisti e l’informazione non si può fare gratuitamente. C’è bisogno di competenza nel tradurre le notizie nel linguaggio giusto, non ci si può improvvisare. Specie oggi che siamo bombardati da un sacco di informazioni e facciamo fatica a decodificarle se non c’è qualcuno che sa farlo per noi. Per questo i media tradizionali hanno una grande responsabilità, ma anche più possibilità di sopravvivere”.
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