Quattro anni di attesa e a Natale riceve il rene che gli salva la vita
La storia di Marco Mazzocchi, 47 anni, fisioterapista e docente universitario, che vive a Roveleto Landi con la famiglia. Nel 1988, a dieci anni, gli fu diagnosticata la malattia renale policistica

Elisa Malacalza
|2 ore fa

Marco Mazzocchi mentre si sottoponeva alla dialisi in auto
Marco Mazzocchi ha 47 anni; fa il fisioterapista a Piacenza e il docente universitario a Strasburgo. Vive a Roveleto Landi, con la moglie e i due figli. Dopo la diagnosi di reni policistici arrivata nel 1988, quando aveva solo dieci anni, negli ultimi quattro ha atteso con tutto se stesso una telefonata: quella che gli dicesse che c’era un rene, per lui. Quella telefonata è arrivata il 20 dicembre, alle 9 esatte del mattino. Lui non si è scomposto, ha abbracciato la famiglia, ha fatto la valigia ed è uscito di casa, diretto all’ospedale di Pavia. Lo hanno trapiantato quella sera stessa alle 19.30. L’intervento è terminato alle 3 di notte.
Gli ultimi, per lui, sono stati anni di dialisi (nove ore per cinque notti a settimana, ormai si era abituato a gestirla anche in autostrada o in albergo), e di attesa. «La mia patologia è ereditaria. Ce l’aveva mio papà. Ce l’aveva mio nonno, morto a 56 anni. E ce l’aveva mia zia. Mio papà ha affrontato il trapianto di rene nel 2018. E per fortuna sta bene. Diciamo che ho imparato a conoscere il percorso fatto di difficoltà e speranza», spiega Mazzocchi.
Nel Piacentino più di tre su 10 hanno detto “no” alla donazione degli organi sulla carta d’identità. Sono 33mila persone. «Mi fa rabbrividire questo dato. Per questo spero serva questa intervista, dal letto di ospedale. Chi ha scelto di acconsentire alla donazione degli organi mi ha salvato la vita e io sarò grato a questa persona per sempre. Se la mia testimonianza servirà a convincere anche una persona soltanto sull’importanza di questo sì sarò contento».

