Il giudice condanna due piacentini:
“Estorcevano denaro a una persona debole”
04 Aprile 2013 19:58
Quattro anni e tre anni e quattro mesi di reclusione, oltre ad un primo risarcimento di diecimila euro. E’ la condanna inflitta in tribunale a due piacentini accusati di estorsione, circonvenzione d’incapace e falso. I due, difesi da Angelo Rovegno e Riccardo Biella, respingono le accuse e hanno annunciato Appello contro la sentenza. La parte lesa si è costituita in giudizio ed è rappresentata dall’avvocato Silvio Brega. La vicenda giudiziaria ruota attorno alla gestione di un locale pubblico cittadino. Secondo l’accusa, i due imputati avrebbero costretto un’altra persona a diventare socio accomandatario del locale. E a quel punto sarebbero iniziate una serie di vessazioni che sarebbero costate a quest’ultimo l’esborso di decine di migliaia di euro, si parla di una somma di 25mila euro. Ad un certo punto la parte lesa si è rivolta alla procura e inizialmente erano state ipotizzate le accuse di truffa ed esercizio abusivo delle proprie ragioni oltre al falso in relazione ad alcune cambiali. Ma il giudice monocratico, in base alla ricostruzione della vicenda emersa nel processo, aveva ritenuto il caso più grave soprattutto per quanto riguarda la presunta estorsione e rinviato il fascicolo al pubblico ministero. A quel punto l’intera questione era stata rivalutata ed erano scattate le nuove accuse nei confronti degli imputati. Secondo il pubblico ministero i due sarebbero riusciti ad approfittare della buona fede della parte lesa e sarebbero riusciti ad estorcergli la somma. Nel corso del processo davanti al collegio presieduto da Italo Ghitti (giudici a latere Maurizio Boselli e Ivan Borasi) sono stati sentiti consulenti di parte e d’ufficio. E nel corso delle testimonianze è stata fra l’altro descritta la situazione di grande fragilità in cui si era venuta a trovare la parte lesa dopo un lutto familiare. A conclusione della sua requisitoria il pubblico ministero Antonio Colonna ha chiesto la condanna dei due imputati a tre anni e 4 mesi per ciascuno. I due difensori nelle loro arringhe hanno sottolineato come nella vicenda non si possa parlare di circonvenzione d’incapace in quanto la parte lesa sarebbe stata al corrente di quanto stava accadendo ed inoltre non vi sarebbero stati vantaggi economici per i loro assistiti. Entrambi ne hanno chiesto l’assoluzione. I giudici hanno condannato uno degli imputati a 4 anni e 1.400 euro di multa per circonvenzione, falso ed estorsione, l’altro a 3 anni e 4 mesi per l’estorsione e assolto per gli altri due reati. Entrambi sono stati interdetti dai pubblici uffici per cinque anni.
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