Cambiare nome o cognome, 40 richieste nel 2014 alla Prefettura

06 Agosto 2014 17:14

prefettura

Trentatre persone, dall’inizio dell’anno ad oggi, hanno chiesto alla Prefettura di poter modificare il proprio nome di battesimo o il proprio cognome, mentre sette genitori hanno chiesto di aggiungere al cognome del proprio figlio il cognome della madre.

La domanda deve essere presentata alla Prefettura competente per territorio di residenza o dove è trascritto l’atto. Gli uffici aprono l’istruttoria raccogliendo la documentazione necessaria, lo step successivo consiste nell’affissione all’albo pretorio del comune di nascita e di residenza della richiesta di modifica. Chi ha qualcosa in contrario lo deve manifestare entro il mese successivo all’affissione. Se nessuno ha qualcosa in contrario, la Prefettura procede con la conclusione delle operazioni. Dal 2011 non è più necessario il parere del ministero dell’Interno e dunque le pratiche si sono velocizzate per concludersi, mediamente, nel giro di quattro mesi.

Il costo dell’operazione non è particolarmente gravoso, si tratta di acquistare 3 marche da bollo da 16 euro. Un prezzo accessibile, mentre la richiesta di modifica può essere inoltrata solo in determinate circostanze. La legge italiana consente, infatti, di cambiare il proprio nome o cognome solo in casi eccezionali e in presenza di situazioni oggettivamente rilevanti supportate da adeguata documentazione e da significative motivazioni. Un esempio concreto: un cognome imbarazzante. Solo in questo caso la procedura è gratuita.

Come si diceva, in 7 casi nel Piacentino dall’inizio del 2014 è stato richiesto di aggiungere il cognome della madre a quello del padre. Una procedura che potrebbe non essere più necessaria. E’ stata approvata infatti, dalla commissione Giustizia, la legge che abolisce l’obbligo di trasmettere il cognome paterno ai figli.

Il documento si è arenato alla Camera che ha rinviato il voto. La nuova legge lascia liberi i genitori di scegliere tra il cognome del padre o della madre o di entrambi, e stabilisce che in caso di disaccordo vengano assegnati tutti e due. Il testo era stato prodotto dopo che la corte europea dei diritti dell’uomo aveva condannato a gennaio l’Italia per violazione del principio d’uguaglianza in base al fatto che negare la possibilità di trasmettere il cognome della madre discriminerebbe le donne.

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