Il virus della solitudine: “Gli ospiti ci implorano di far entrare i loro cari per una carezza”

21 Febbraio 2021 00:05

Il Covid è arrivato esattamente un anno fa, come un’ondata anomala e improvvisa che ha lasciato dietro di sé devastazione e dolore. Tante persone sono morte sole, senza la carezza di un proprio caro. Vite spezzate e vite sospese, in un limbo di paura, frustrazione, incertezza, disperazione e isolamento. Sentimenti che hanno contraddistinto questi dodici mesi, da quel 21 febbraio 2020, che sembra così lontano, ma che riviviamo ogni giorno, ancora distanti dalla fine di questo buco nero che ha risucchiato il mondo. Un virus invisibile, ma tanto potente da annientare le abitudini quotidiane e insinuarsi profondamente negli equilibri dei rapporti umani, stravolgendoli. Il Covid è il virus “della solitudine”, tra distanziamento sociale e lockdown. E’ riuscito ad alimentare la “paura” dell’altro.

A farne le spese sono stati soprattutto gli anziani, sia in termini di vite umane perse, sia per lo stato di solitudine a cui spesso sono stati condannati. Le case di riposo, per proteggerli dalla furia del virus, hanno dovuto sospendere, da marzo scorso, le visite ai parenti e si sono organizzate per garantire le videochiamate. Alla residenza Cra Gardenia e Melograno di Borgonovo è stato costruito un gazebo per consentire agli ospiti di vedere i propri cari dal vetro. “Abbiamo fatto 1.818 incontri in un anno, questo vuol dire un grande sforzo da parte del nostro staff che si è prodigato per accorciare le distanze, perché non si muore solo di Covid, ma anche di mancanza di affetto, che è un bene primario” – spiega l’animatrice della residenza, Rosy Laino. Sono state oltre 600 le videochiamate e chiamate effettuate. E oggi gli ospiti hanno preso confidenza con questo nuovo modo di comunicare, resta però la voglia e l’esigenza del contatto. “Oggi più che mai mi prendono la mano e mi dicono “falli venire dentro”- spiega Rosy- hanno voglia di un abbraccio, di ricevere un bacio. E’ l’unica cosa a cui non riesco ad abituarmi – spiega l’animatrice – facciamo di tutto per portare gioia, tenendo fuori il brutto di questa pandemia. L’8 marzo, per esempio, abbiamo organizzato un concerto a cui gli ospiti potranno assistere dalla finestra”. Lorena Masarati, direttore territorio della Cooperativa Proges, ricorda che “gli operatori si sono spesi per non far sentire gli anziani abbandonati, a volte sostituendosi al calore della famiglia, senza mai risparmiarsi dal punto di vista affettivo e di orari”. Rosy conclude: “Quando finalmente vedrò un famigliare abbracciare il proprio caro sarà la gioia più grande”.

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