“Il nonno patì fame e freddo per due anni”: consegnate le medaglie d’onore

27 Gennaio 2022 12:32

Una volta tornati dai lager, molti non ne hanno più voluto parlare. Hanno cercato di voltare pagina. E probabilmente lo hanno fatto. Oggi Riziero Latronico, Claudio Faimali, Alessandro Repetti e Luigi Merlini non ci sono più: ma il loro passato da deportati e internati nei campi di concentramento tedeschi è stato riconosciuto con una medaglia d’onore consegnata in memoria dal prefetto Daniela Lupo, nel salone delle armi della Prefettura. “Ogni volta che viene spezzata una vita, si rompe una pagina di storia – le parole del prefetto – ci porta conforto la memoria che passa da uomo a uomo. Dai nostri padri ai ragazzi delle scuole”. La stessa memoria che i parenti delle quattro persone deportate nei campi di concentramento nazisti  tengono stretta nel cuore. La cerimonia si è svolta difronte ai rappresentanti delle forze dell’ordine locali, al presidente dell’Anpi piacentino Stefano Pronti e da alcuni sindaci del territorio, insieme al primo cittadino di Piacenza, nonché presidente della provincia, Patrizia Barbieri. “Siamo qui per celebrare i valori e il rispetto per la vita – ha affermato – le pagine buie della nostra storia non dovranno mai essere dimenticate”.

Applausi e commozione hanno contraddistinto il momento della consegna delle medaglie d’onore ai famigliari dei quattro ex internati. Carmine Latronico, ricevendo la medaglia per il padre Riziero ha detto: “quando papà è tronato dalla guerra feci fatica a riconoscerlo. Oggi ricevere questa medaglia è il coronamento di un sogno che dedico a lui e ai miei figli”. Riziero è nato nel 1913 a Eboli, vicino a Salerno e fatto prigioniero nel Pavese per poi essere portato in Germania il 18 novembre 1943. “Non sappiamo di preciso in che campo fosse – ha spiegato il nipote Enzo – perché il nonno è sempre stato molto restio a raccontare quel periodo: sappiamo però della fame e del freddo che patì. Mio nonno poi riuscì a evadere l’8 marzo del 1945, ma fu trattenuto dalle truppe alleate fino al 9 settembre. Tornato a casa, nei primi anni Sessanta si trasferì a Piacenza e qui infatti è morto nel 2000”.

La medaglia in onore di Claudio Faimali invece è stata ritirata dai nipoti Giovanni e Fabrizio. Claudio, nato a Lusurasco di Alseno nel 1920 – dove è deceduto nel 1998 – era un militare nel reparto Guardia alla Frontiera a Fiume, proprio lì fu catturato il 10 settembre 1943 e deportato nel campo di concentramento di Lukenwalde e poi nel campo di concentramento di Witemberge in Germania, dove rimase fino al 22 aprile 1945. Rientrato in Italia a piedi il 25 maggio, venne riconosciuto a fatica dalla sua famiglia. “I racconti dello zio rimarranno con noi sempre” hanno sottolineato i nipoti.

La storia di Alessandro Repetti, nato a Bettola nel 1914, è tramandata grazie al foglio matricolare: chiamato alle armi nel reggimento 152 fanteria nel 1935, viene richiamato nel 1941 e nell’aprile dell’anno successivo viene mandato, al seguito del 260esimo reggimento fanteria a combattere in Croazia. Il 14 settembre del 1943 viene catturato dai tedeschi e internato in Germania fino al 15 maggio 1945; nel luglio è ricollocato in congedo illimitato.

Luigi Merlini invece era nato a Bedonia, in provincia di Parma, nel 1920: il documento matricolare lo descrive come un ragazzo dai capelli neri e dagli occhi chiari, il naso aquilino e la bocca regolare. Di lui, un trascorso da contadino, si sa che è artigliere quando si imbarca nel dicembre del 1940 per Durazzo, in Albania: è lì che viene catturato il 9 settembre 1943 e deportato in Germania, dove sarà internato a Forbach fino al 25 aprile 1945. Viene trattenuto dagli alleati fino al 28 luglio quando finalmente fa rientro in Italia. Hanno ritirato la medaglia in suo onore le figlie Clara e Maria. Clara ha spiegato che “da giovani non ascoltavamo con la dovuta attenzione i suoi racconti, col tempo abbiamo capito quanto fosse importante”.

Durante la cerimonia, è intervenuta anche Costanza De Poli, presidente della consulta provinciale degli studenti che si è detta “orgogliosa di contribuire a tenere viva la memoria e il ricordo di un passato che non va dimenticato”.

“Una giornata di ricordo e di riflessione comune” – il commento finale del prefetto Lupo per la Giornata della memoria – in ricordo dello sterminio del popolo ebraico e della persecuzione italiana dei cittadini ebrei e di chi ha subito la deportazione, la prigionia, la morte”.

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