“50 anni in Uganda: la scelta del grembiule”. Celebrazioni al via per Africa Mission

02 Aprile 2022 16:33

Si sono aperte ufficialmente questa mattina nella Sala delle Colonne della Curia vescovile, con “50 anni in Uganda: la scelta del grembiule”, le celebrazioni per il mezzo secolo di Africa Mission e Cooperazione e Sviluppo.

La sala delle colonne della Curia vescovile è piena: cinquant’anni fa a riempirla erano gli scatoloni dei generi alimentari che Vittorio Pastori era riuscito a raccogliere per l’Uganda, oggi sono volontari e amici, provenienti da tutte le parti d’Italia per celebrare il cinquantesimo del Movimento.
Alla base di tutto c’era lui, un oste di Varese diventato poi sacerdote: “Per tanto tempo quella di don Vittorione è stata considerata solo un’impresa e lui un imprenditore – fanno notare i presidenti di Africa Mission e Cooperazione e Sviluppo don Maurizio Noberini e Carlo Antonello – ma lui poi ha voluto diventare sacerdote proprio perché si sentiva un cristiano”.

“Un cristiano di pasta dura che metteva in guardia gli altri dall’essere cristiani di pastafrolla” sottolinea don Noberini: i pannelli delle mostre, allestite sia in Curia sia in Cattedrale, lo raccontano. Raccontano don Vittorione, ma soprattutto il Movimento che oggi conta centinaia di volontari e collaboratori in diverse sedi d’Italia.

“Oggi, dopo tanti anni, non riesco a partecipare ma nello stesso tempo mi sento vicino alla nostra organizzazione e a tutti i volontari e collaboratori che ne fanno parte – ha spiega il direttore Carlo Ruspantini –; il cinquantesimo è una grande occasione per dare nuova forza e vigore al nostro impegno: il Movimento è importante non solo per i tanti poveri dell’Uganda e del Karamoja, ma anche per le nostre comunità e le nostre vite”.

Nella tarda mattinata si è svolta la la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo della diocesi di Piacenza-Bobbio monsignor Adriano Cevolotto.

“Diventare così importanti da essere poi inutili”. Il senso di qualsiasi azione umanitaria sta tutto qui e il vescovo della diocesi di Piacenza-Bobbio Adriano Cevolotto lo sottolinea: “Inutili nel senso in cui si promuove e si genera autonomia: e allora è importante vedere come Africa Mission Cooperazione e Sviluppo lavori con l’Uganda e non solo per l’Uganda”.

Nel pomeriggio un folto pubblico ha accolto il giornalista Jean Leonard Touadi e lo scrittore Jean Paul Habimana nell’Auditorium Sant’Ilario per la conferenza su “L’Africa sulla mia pelle”.

Coordinato dalla giornalista Betty Paraboschi, l’incontro ha offerto l’occasione di allargare lo sguardo sul continente africano, quello che ha vissuto la pandemia e che sta posizionandosi anche nello scacchiere politico della guerra Russo-ucraina. Ma il pomeriggio ha anche offerto l’occasione di riflettere su come le parole e il linguaggio condizionino la società e ne siano condizionati: “C’è un’ossessione del nero nella cultura occidentale – spiega Touadì – è lo straniero, quindi estraneo, minaccioso perché non conosciuto. Abbiamo assistito a un’inferiorizzazione dell’africano e del nero”. A fargli eco anche Habimana: “Avere l’Africa sulla pelle è stato e sarà ancora per un bel po’ difficile – spiega – ma ho davvero capito cosa significasse essere nero quando sono uscito dal seminario e sono andato a cercarmi un lavoro, mi sono confrontato con la vita reale”.
Habimana, sopravvissuto al genocidio del Ruanda, ha raccontato l’esperienza vissuta quando aveva solo 10 anni: un’esperienza con cui oggi guarda al conflitto russo-ucraino e all’accoglienza diversificata riservata ai profughi. “Vedere le due file di profughi ai confini polacchi, capire che ci sono quelli portatori di diritti e gli altri no non è un bel vedere da un punto di vista morale” è stato il commento di Touadi.

Una storia lunga 50 anni

Il convegno e la mostra per il 50esimo di Africa Mission

La mostra di Africa Mission in Cattedrale

Il messaggio di don Noberini per il 50esimo

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