Confindustria: “Crisi prevista nel 2010. Manifattura senza energia non esiste, agire ora”

17 Settembre 2022 10:56

Correva l’anno 2010 quando Confindustria organizzò un convegno sul tema dell’energia: “Ultimo appello per l’Italia” era il titolo. Oggi, con l’emergenza mondiale in corso, proprio legata a questo tema, l’associazione rilancia: “Sull’energia siamo stanchi di ripetere le stesse cose. Oggi ci troviamo a subire le conseguenze di una crisi che era possibile prevedere. Addirittura già dodici anni fa, tutti sapevamo che sarebbe potuta arrivare ma, ancora una volta, si è preferito attenderla piuttosto che prevenirla, per poi puntualmente lamentarsi”. Non usa mezzi termini il Presidente di Confindustria Piacenza Francesco Rolleri, commentando la crisi energetica attualmente in corso. “Basta recuperare uno dei nostri convegni organizzato il 24 settembre del 2010 dal titolo “Dalle rinnovabili al nucleare: ultimo appello per l’Italia”, nel quale l’allora presidente dei Giovani Industriali Nicola Parenti sembrava descrivere esattamente la situazione che stiamo vivendo oggi”.

Il presidente Rolleri richiama un passaggio del discorso pronunciato allora da Parenti: “L’Italia è già ora il primo Paese al mondo per dipendenza energetica dall’estero. La conseguenza è che il prezzo dell’energia in Italia risulta estremamente volatile, estremamente alto ed in futuro non vi potrà nemmeno essere la certezza della fornitura a meno che non si riescano a continuare nel tempo gli equilibrismi politici con i vari Gheddafi, Putin”.

“Viene la pelle d’oca a rileggere quelle frasi dopo dodici anni – prosegue Rolleri – perché l’equilibrio precario sul quale poggiavamo era sotto agli occhi di tutti, e non lo vedeva solo chi non lo voleva vedere. Un mix di inerzia e mancanza di volontà nell’investire in un mix energetico più equilibrato, pulito nel lungo termine e che garantisse autosufficienza nel breve termine. Si è dimenticato che anche l’energia elettrica è materia prima: se vogliamo una Italia manifatturiera bisognerà trovare ​il modo di alimentare le fabbriche. Siamo perennemente in ostaggio del prossimo “no”: o si agisce adesso oppure si rischia di disperdere un patrimonio di aziende. Quelle che consentono al nostro Paese di essere nel G7 e di rappresentare la seconda manifattura d’Europa”.

Nicola Parenti, oggi Vicepresidente di Confindustria Piacenza con delega all’energia, ricorda quel convegno: “Parlavamo di “Ultimo appello per l’Italia”, da allora abbiamo perso parecchi treni ed opportunità. Ora siamo in fortissimo ritardo; una transizione energetica che permetta anzitutto alle aziende di essere certe sulla fornitura di energia e non temere razionamenti, cosa che incredibilmente nel 2022 non possiamo più dare per scontata, ma poi soprattutto di competere sui mercati internazionali senza la zavorra di costi energetici perennemente superiori a quelli sostenuti dalla concorrenza estera”. Parenti avanza proposte concrete a riguardo: “Ci serve un mix energetico che integri il gas naturale, che è presente anche nei nostri mari, alle rinnovabili e ponga le basi per poter giocare un ruolo di prim’ordine anche nel nucleare, recuperando le nostre storiche competenze. Sia chiaro, quando parlo di rinnovabili non mi fermo al fotovoltaico. Io parlo di coraggio di investire e andare oltre anche per quanto riguarda gli impianti eolici e idroelettrici. Parlo di grandi opere. È impensabile che tutte quelle più importanti, come ad esempio gli invasi, si fermino alla prima metà del Novecento. La nostra idea di politica industriale parte inevitabilmente dalla ricerca dell’indipendenza energetica. L’Italia è un Paese che da questa crisi deve imparare a pianificare per tempo.”

La palla passa alla politica: “Chiediamo al prossimo governo e agli enti locali di farsi interpreti di questa richiesta, attraverso azioni forti e immediate. Ognuno può e deve fare la sua parte. L’alternativa è un lungo inverno industriale. Un’Italia costretta ad una conversione forzata verso attività poco energivore, che perderebbe le proprie eccellenze industriali, milioni di occupati e il proprio know-how maturato dal boom economico degli anni ’50 ad oggi. Sinceramente ci amareggia fortemente vedere aziende straordinarie che non possono produrre perché in passato sono state fatte scelte sbagliate. Scelte che forse nel breve termine hanno anche generato consenso, ma nel medio lungo periodo ci hanno reso tutti più deboli e meno competitivi. Per non parlare delle famiglie, chiamate nei prossimi mesi ad una spesa gravosa che per tante si rivelerà insostenibile. Il dramma non è solamente economico ma anche sociale”, conclude Parenti.

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