Calendasco, Emanuela Carpita racconta ai ragazzi del padre ucciso dalla mafia

04 Marzo 2023 14:11

All’epoca aveva solo quattro anni e ricorda pochissimo. Però ricorda bene il rumore degli spari e poi le sirene delle ambulanze che arrivavano al bar sotto casa, proprio lì dove il suo papà si era fermato per bere un caffè. Il suo ultimo caffè, prima che una sventagliata di proiettili lo uccidesse sul colpo. Piero Carpita morì così, da innocente, in un agguato mafioso che nel settembre del 1990 a Bresso, a due passi da Milano. E mercoledì la figlia Emanuela è arrivata a Calendasco per raccontare la storia tragica e assurda di un padre finito, per puro caso, in mezzo ad un regolamento di conti tra ‘ndranghetisti e camorristi per il controllo dello spaccio di droga.

Emanuela – che oggi ha 37 anni – è stata invitata a parlare ai ragazzi dall’insegnante Cecilia Boledi dopo un lungo percorso di elaborazione del dolore svolto anche assieme all’associazione Libera. Nella palestra delle scuole medie ha raccontato i dettagli di quella tragica mattina. “I proiettili erano destinati a Franco Coco Trovato, ‘boss della ‘ndrangheta che si trovava nel negozio di un barbiere, accanto al bar dal quale stava uscendo mio padre” racconta. “Insieme a lui, fu ucciso anche Luigi Recalcati, un 73enne che passava in bicicletta. Io e mia sorella, poco più grande, scendemmo in strada con mia mamma e ingenuamente ci mettemmo a contare i bossoli per la strada. Solo dopo si capì la tragedia. Così mia madre perse il suo amore e io la mia infanzia spensierata”.

Per anni Emanuela ha tenuto per sé questa storia, nel timore che la morte del padre potesse essere associata in qualche modo a un delitto mafioso. “Ho temuto il giudizio delle persone ma grazie a Libera oggi mi sento protetta” aggiunge, sotto le fitte domande dei ragazzi. “Ho sempre pensato che papà si fosse trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ma gli altri famigliari di vittime innocenti di mafia mi hanno fatto capire che chi non doveva esserci, quel mattino a Bresso, era la criminalità organizzata. Era un paese silenzioso e tranquillo, come Calendasco, cioè un terreno fertile per le mafie. Vaccinatevi contro l’indifferenza e prima di comprare droga pensate chi finanziate con i vostri soldi”. Oggi Coco Trovato è ancora al 41 bis. “Se si fosse pentito, non lo perdonerei ma lo incontrerei per ascoltarlo” conclude la 37enne.

La testimonianza di Emanuela – come spiegano la referente di Libera Antonella Liotti e il sindaco di Calendasco Filippo Zangrandi – va ad aprire una serie di iniziative che fino al mese di maggio andranno a celebrare i primi cinque anni di restituzione alla comunità del capannone di Ponte Trebbia confiscato alla mafia. E proprio dalla palestra delle scuole, allora, i ragazzi scelsero di intitolare il bene a Rita Atria.

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