L’attrice Antonella Ferrari: “La sclerosi multipla e la mia lotta contro i pregiudizi”
19 Gennaio 2025 05:26
“Io la sclerosi multipla non la recito”. Da oltre vent’anni Antonella Ferrari, attrice e scrittrice che molti ricordano per le sue collaborazioni con Pupi Avati e per le sue partecipazioni a fiction e soap opera note (da “Carabinieri” a “CentoVetrine”, da “La squadra” a “Il paradiso delle signore”, senza dimenticare la partecipazione a Sanremo 2021 e la rubrica tenuta su “Chi”), è testimonial dell’Associazione italiana sclerosi multipla. La malattia la conosce da vicino, dato che i primi sintomi in lei si sono manifestati quando era una bambina anche se per la diagnosi ha dovuto aspettare quasi vent’anni.
Lo racconterà sabato 25 gennaio durante la presentazione del suo ultimo libro “Comunque mamma. Storia di una ferita ancora aperta”: l’appuntamento è all’agriturismo “La Rondanina” di Castelnuovo Fogliani alle 18.30 e a seguire sarà la cena benefica a sostegno di Aism Piacenza promossa dall’imprenditore Valter Bulla (per prenotazioni: 3295933759 oppure 3899947629).
Antonella, davvero ancora oggi avere la sclerosi multipla significa essere discriminati?
“Nel mio lavoro è così. Tanti colleghi, anziché il mio curriculum, guardano la mia cartella clinica. Non tutti sono illuminati come Avati: lui ha considerato solo il talento. Sono stata discriminata per la mia salute sia come attrice, sia come opinionista. Alla fine ho fatto e faccio tante cose, è una grande vittoria, ma mi è costata un’enorme fatica”.
Nel libro racconta il suo sogno impossibile di diventare madre.
“Con la sclerosi multipla si può diventare madre: con mio marito abbiamo provato naturalmente, ma dato che i figli non arrivavano ci siamo rivolti alla scienza. Non è però stato possibile intraprendere il percorso per la fecondazione assistita perché i neurologi hanno detto che non avrei sopportato il dosaggio ormonale con la mia malattia”.
E la strada dell’adozione?
“Quella è risultata impraticabile fin da subito: se hai una patologia neurodegenerativa, non puoi adottare. Per me è un limite assurdo e ne ho sofferto moltissimo: un figlio ha bisogno di una madre che lo ami, non gli interessa come cammina, ma che lo segua e lo curi. Ho portato il libro anche al senato perché vorrei che la politica si interessasse della questione”.
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