A Rivergaro sfregiata con due svastiche disegnate da ragazzi la piazza del partigiano Paolo

Redazione Online
8 marzo 2025|48 giorni fa
A Rivergaro sfregiata con due svastiche disegnate da ragazzi la piazza del partigiano Paolo
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In piazza a Rivergaro, a pochi metri dalla statua del partigiano Alberto “Paolo” Araldi, sono apparse due svastiche, per lo sdegno dei cittadini.

I simboli, legati al nazismo, sono stati tracciati sulla pavimentazione proprio nello spazio dedicato a chi sacrificò la vita per la liberazione dal fascismo.

L’episodio, avvenuto martedì durante il carnevale, sarebbe opera di alcuni ragazzini con bombolette di schiuma. Inizialmente passate inosservate, le svastiche sono diventate evidenti dopo la pulizia della piazza, suscitando indignazione.

Un primo intervento di Iren non è bastato a rimuoverle, poiché la schiuma sembra essere stata assorbita dalla pietra.

Le telecamere di sorveglianza aiuteranno a chiarire i fatti.

Il sindaco Andrea Gatti condanna l’atto e invita i responsabili o i loro genitori a farsi avanti per riparare il danno. Se ciò non avverrà, interverranno i carabinieri.

LA RIFLESSIONE DEL DIRETTORE DI LIBERTÀ, GIAN LUCA ROCCO

Quelle svastiche frutto di genitori bulletti
Mi sarebbe piaciuto avere un nonno partigiano. Lo ammetto. Sarebbe stata una bellissima storia da raccontare. La Resistenza, i boschi, lui che difende la libertà… ma non è stato così. Mio nonno Giovanni, il papà di mio papà, è stato ufficiale di artiglieria del Regio esercito. Sulla Piana di Catania sparò agli americani. Mancandoli, visto che i nostri cannoni non arrivavano alle loro navi e le loro navi, invece, devastavano i nostri cannoni (e le nostre città). Ripiegò con la sua divisione a Taranto dove rimase per il resto della guerra a difesa del re. Al referendum, votò, con scarsa convinzione, “monarchia”. Mio nonno non era un “comunista”. Liberale, democristiano, imprenditore… di sicuro gli operai se li è sempre ritrovati dall’altra parte della barricata. Volle far studiare mio padre (e poi anche me a dire il vero) in una delle migliori scuole private di Genova: il Vittorino da Feltre, retto dai Barnabiti e dove studiò, tra gli altri, Eugenio Montale. In quell’istituto, negli anni Sessanta, circolava “la meglio gioventù” di Genova, spesso, visto i costi della retta, con simpatie non esattamente di sinistra. Una volta mio padre, che aveva più o meno l’età degli imbrattatori di Rivergaro, tornò a casa da scuola e, ve la racconto come me la ricordo, parlò di svastiche, di Mussolini che insomma aveva fatto anche cose buone, che il nero non era poi così male e via dicendo. Visto che sono tutti morti e comunque il reato è caduto in prescrizione, posso dire che mio nonno gliene diede talmente tante che il sederino di mio papà bruciò per giorni e giorni. Inutile dire che: a) la svastica venne bandita dall’immaginario paterno e b) per qualche generazione visto che mio padre mi trasferì fin da piccolo l’orrore per quello che quel simbolo rappresentava (e anche l’efficace paura di avere il sedere rosso come un peperone, lo ammetto). Oggi, invece, ragazzini idioti come tutti i ragazzini ma senza il minimo senso della dignità e della morale, disegnano per terra delle svastiche con la bomboletta, sporcando non solo la bella piazza di Rivergaro, ma la memoria di chi ha lottato per le loro bombolette e il diritto di festeggiare carnevale. Il tutto nell’indifferenza dei genitori. No, ho sbagliato: nella connivenza dei genitori. Perché alla mia generazione non sarebbe mai e poi mai venuto in mente di utilizzare il simbolo della svastica come “goliardata”. L’orrore che mio nonno e i nonni dei miei coetanei ci hanno trasmesso, lo stigma sociale di quello che il nazismo ha rappresentato per la storia dell’umanità, era troppo forte. Non si scherza con certi marchi infami se in famiglia non ti dicono che puoi farlo. Che tutto sommato questi ebrei un po’ hanno rotto le scatole. Che ci vuole un uomo (o una donna) forte “come quando c’era LVI”. Che insomma, cosa vuoi che sia? Sono ragazzi, non vuol dire niente. Mia figlia, 15 anni, mi racconta di compagni di classe che fanno il saluto con il braccio teso (soprattutto alle medie) e ridono. Certo, siamo stati tutti giovani, tutti idioti, tutti un branco di pecorelle dietro a quella nera. Anche io ho imbrattato muri con scritte d’amore, fatto il cretino per strada, l’idiota con la bomboletta. Ma mai e poi mai avrei riso sul nazismo, utilizzato quel simbolo. Perché quella svastica rappresenta il male, uno dei punti più disumani della storia del mondo. Milioni di persone bruciate nei forni crematori, uccise, un mondo in fiamme per nutrire l’ego di un imbianchino megalomane. Mi fanno paura quei ragazzi di Rivergaro, la loro noncuranza dei simboli che disegnano. Ma mi fanno ancora più paura i loro genitori, i discorsi che avranno fatto in casa, quello che a quei ragazzi hanno trasferito parlando del più o del meno, rendendo l’orrore una goliardata. Quelle svastiche, prima o poi e sarà meglio prima di poi, spariranno dal selciato. Ma resteranno ferite indelebili a ricordarci che i grandi hanno grandi responsabilità ma non sono in grado di prendersele.