Il monito dell’Onu in vista di Cop26: cambio di passo subito o sarà fallimento

28 Ottobre 2021 06:00

In breve:

  • Secondo l’Onu a questo ritmo mancheremo la riduzione delle emissioni di gas serra necessarie a contenere il riscaldamento globale
  • Con questi piani di rientro, che Cop26 dovrà rivedere, nel 2030 la temperatura salirà di 2,7 gradi rispetto all’era pre-industriale
  • L’Accordo di Parigi parlava di un aumento massimo di soli 2 gradi: la partita di Glasgow si fa fondamentale

L’Onu scalda i motori in vista di Cop26 e fotografa la situazione della lotta al riscaldamento globale: serve una azione immediata e forte oppure si mancheranno gli obiettivi di rientro delle emissioni di gas serra. Non basterebbe infatti un impegno concreto della maggioranza dei Paesi firmatari dell’Accordo di Parigi. Solo un impegno unanime a Cop26 darà qualche chance di combattere in maniera efficace il cambiamento climatico.

Gli ultimi rapporti preparatori non promettono nulla di buono

Si accumulano studi e rapporti degli organismi legati all’Onu in vista della Cop26. L’ultimo è stato pubblicato lo scorso 26 ottobre e riguarda gli impegni presi dai singoli Paesi per la riduzione delle emissioni e il rispetto di certi piani di rientro dal consumo dei combustibili fossili. Secondo il documento dell’Onu 143 delle 192 parti firmatarie dell’Accordo di Parigi (in altre parole 143 Stati) hanno aggiornato e comunicato i loro nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni. Quest’ultimi, se implementati, permetteranno la contrazione dei valori di gas inquinanti del 9% rispetto al 2010 una volta arrivati nel 2030. Insomma circa nove anni per ridurre le emissioni del 9%. All’interno di questo gruppo di 143 Stati, circa 71 hanno comunicato un ambizioso obiettivo di neutralità climatica entro metà secolo. Cosa significa? Emettere meno anidride carbonica e altri gas serra rispetto a quanti l’ambiente non riesca ad assorbirne di per sé. Stando alle stime questi 71 Paesi vedranno le loro emissioni scendere di un valore compreso tre l’83% e l’88% tra il 2019 e il 2050.

I più virtuosi non risollevano un quadro complicato

Se non si considerano solo i 143 Stati virtuosi ma si sposta l’attenzione sui restanti Paesi o sul quadro complessivo, la situazione appare meno rosea. Anzi, meno verde. L’aggiornamento delle Nazioni unite stimano che il totale dei piani delle 192 parti porterà ad un incremento delle emissioni di gas serra del 16% nel 2030 rispetto al 2010. Uno scenario che vedrebbe il mondo retrocedere, complicando la corsa alla neutralità climatica tanto sperata alla vigilia di Cop26. In termini più indicativi? L’Accordo di Parigi prevedeva il contenimento dell’aumento della temperatura media sulla Terra di 2 gradi centigradi rispetto all’era pre-industriale, tendente ad 1,5 gradi. Seguendo invece le stime dei piani di rientro dei Paesi firmatari potrebbero portare ad un aumento di 2,7 gradi centigradi, sancendo il fallimento dell’Accordo.

O una riduzione da subito o sforzi sovraumani in futuro

Sul tema l’Ipcc, il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, ha stimato che per limitare l’aumento della temperatura a 1,5 gradi le emissioni di CO2 sul pianeta si dovranno ridurre di ben il 45% entro il 2030, oppure del 25%, a patto di contenere l’aumento della temperatura solo a 2 gradi. “Se le emissioni non saranno ridotte entro il 2030, sarà necessario ridurle in maniera sostanziale dopo per compensare un inizio più lento, ma probabilmente sostenendo costi più elevati”, si legge nel comunicato.

L’appello dell’Onu (con un dinosauro ed effetti speciali)

Alle porte di COP26 l’Onu ha deciso di optare per un particolare video nel tentativo di smuovere le coscienze. Questo breve contributo vede un dinosauro camminare e prendere possesso del microfono dell’assemblea delle Nazioni unite, invitando i diplomatici e i rappresentanti a “non scegliere l’estinzione”. Come? Smettendo di investire nei combustibili fossili e dirottando questi fondi in cause più nobili e sostenibili.

Le Nazioni unite parlando di una spesa globale annuale di 423 miliardi di dollari per finanziare e sussidiare i combustibili fossili per i consumatori. Una cifra secondo le stime quattro volte superiore rispetto a quella investita nei Paesi più poveri per aiutarli a combattere la crisi climatica. Il comunicato ricorda come questo sia uno dei punti principali proprio delle trattative della Cop26, ovvero incrementare i trasferimenti e i fondi per i governi meno abbienti e aiutarli ad affrontare la crisi.

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