Un terzo dell’acqua che passa ogni giorno negli acquedotti di Piacenza viene disperso

12 Gennaio 2023 05:00

Un terzo dell’acqua che passa negli acquedotti di Piacenza finisce dispersa.
Lo rivela un’elaborazione del quotidiano economico Il Sole-24 Ore sui dati dell’Istat contenuti nel Censimento delle acque per uso civile relativi al 2020.
Secondo questa statistica, a Piacenza si perde il 32,1% dell’acqua immessa in rete, contro una media nazionale di spreco pari al 42,2%.
La situazione peggiore è a Latina con il 73,8%, poi Belluno (70,6%), Frosinone (69,5%), L’Aquila (68,3%) e Chieti (64,4%).
All’opposto, decisamente virtuose Pavia (24,9%), Ascoli (24,2%), Ravenna (24,1%), Aosta (23,9%) e soprattutto Milano, che con una dispersione idrica pari a solo il 17,6% è nettamente la città migliore d’Italia.
La situazione piacentina può dunque essere considerato buona, nonostante resti ancora alta la percentuale di acqua che non arriva a destinazione.
Il report svela un altro dato: ogni giorno ciascun piacentino consuma in media 206 litri di acqua, non solamente per usi domestici. La media nazionale è di 215 litri, in testa alla classifica dei maggiori utilizzatori ci sono Aosta con 438 litri pro capite al giorno, poi Trento (343), Milano (311), Imperia (306) e Vibo Valentia (300).
I cittadini più risparmiosi sono a Latina (141), Arezzo (128), Agrigento (127), Caltanissetta (125) e Enna (116).
Sembra difficile da credere, ma ancora oggi in Italia, evidenzia Il Sole-24 Ore, ci sono 15 comuni senza servizio idrico (per un totale di 64.693 residenti), 40 senza fognatura (386.835 residenti coinvolti, lo 0,7% della popolazione) e 296 comuni senza servizio di depurazione delle acque reflue urbane (per un totale di 1.3 milioni di persone coinvolte, il 2,2% dei residenti).
A non avere l’acqua potabile sono 6 comuni in provincia di Mantova, 2 a Verona e a Udine, e uno a Vicenza, a Pordenone e a Brescia. A non essere serviti da fognatura sono ben 22 comuni in provincia di Catania, 5 comuni in provincia di Treviso, 2 comuni a Gorizia, Lecce, Messina e Trieste, uno a Napoli, Trapani e Taranto, Alessandria e Trento. Infine, a non godere di servizi per la depurazione delle acque sono 121 comuni del Meridione, 47 al Centro e 48 al Nord.

IL RAPPORTO ISTAT
Dai nuovi dati Istat emerge che in Italia, nel corso del 2020, risultavano operativi nel settore dei servizi idrici per uso civile 2.391 gestori (2.552 nel 2018), di cui 1.997 in economia (enti locali) e 394 specializzati.
Il volume di acqua prelevato per uso potabile è di 9,2 miliardi di metri cubi (422 litri giornalieri per abitante). Rispetto al 2018, il volume presenta una contrazione, seppur piuttosto modesta (-0,4%).
A fronte di un volume di acqua immessa nelle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile pari a 8,1 miliardi di metri cubi (373 litri per abitante al giorno), a causa delle perdite gli utenti finali dispongono di 4,7 miliardi di metri cubi di acqua erogata per usi autorizzati (215 litri per abitante al giorno), comprendente gli usi sia fatturati sia non fatturati (tra gli altri, fontanili, lavaggio strade, antincendio). I volumi distribuiti si riducono di circa un punto percentuale rispetto al 2018.
Le perdite totali in distribuzione (differenza tra volumi immessi ed erogati) sono pari a 3,4 miliardi di metri cubi, il 42,2% dell’acqua immessa in rete, rilevando una situazione pressoché stazionaria a livello nazionale (42,0% nel 2018). Nei distretti idrografici della fascia appenninica centro-meridionale e insulare, nonché nelle regioni del Mezzogiorno, le perdite sono superiori al dato nazionale.
Nel 2020 si stima che circa nove residenti su dieci (88,7%) siano allacciati alla rete fognaria pubblica, indipendentemente dalla disponibilità di impianti di trattamento successivi. Sono 6,7 milioni i residenti non allacciati alla rete fognaria pubblica; di questi 387mila (0,7% della popolazione) risiedono in 40 comuni completamente privi del servizio.
Gli impianti di depurazione delle acque reflue urbane in esercizio nel 2020 sono 18.042 e servono, in maniera completa o parziale, il 96,3% dei comuni italiani. Tali impianti, progettati per trattare potenzialmente 107 milioni di abitanti equivalenti, di tipo civile e industriale, hanno effettivamente trattato nell’anno un carico inquinante di poco superiore a 67 milioni di abitanti equivalenti. Gli impianti con trattamenti secondari e avanzati, pur rappresentando il 43,7% del parco depuratori, trattano più del 94% dei carichi inquinanti confluiti ai depuratori delle acque reflue urbane. Il restante 6% del carico è trattato da vasche Imhoff e impianti di tipo primario.
Il servizio pubblico di depurazione delle acque reflue urbane è completamente assente in 296 comuni, dove risiedono 1,3 milioni di abitanti (2,2% dei residenti); il 68% di questi comuni è localizzato nel Mezzogiorno, soprattutto in Sicilia, Campania e Calabria.

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