Case green, ok dell’Unione europea alle linee guida. Centrodestra italiano contro

15 Marzo 2023 05:00

L’Europarlamento è pronto a negoziare con gli Stati membri le future regole di efficientamento energetico degli edifici Ue, oggi responsabili per il 40% dei consumi energetici d’Europa e del 36% dei gas a effetto serra provenienti dal settore energetico.
La plenaria riunita a Strasburgo ha approvato con 343 voti a favore, 216 contrari e 78 astenuti la sua posizione sulla divisiva (almeno così è considerata in Italia) revisione della direttiva sul rendimento energetico nell’edilizia. Sarà anche il mandato dell’Europarlamento per avviare i negoziati con gli Stati membri che hanno già adottato la loro posizione a ottobre, stravolgendo in parte la proposta originaria della Commissione europea di dicembre 2021.
Sul voto non ci sono state grandi sorprese, gli obiettivi della nuova direttiva sono sostenuti dai principali gruppi all’Europarlamento – buona parte del Partito popolare europeo (PPE), Socialisti&Democratici (S&D), Renew Europe, Verdi Ue – un accordo tacito che ha spianato la strada al via libera prima nella commissione Industria, Ricerca ed energia (Itre) lo scorso 9 febbraio e ora in plenaria.
A votare contro, compatti, i partiti di maggioranza di centrodestra in Italia (Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia), che avevano annunciato la loro opposizione già prima di sedersi in Emiciclo.
La negoziazione del Parlamento europeo
Rispetto alla proposta della Commissione, nella sostanza l’Europarlamento rafforza i target di efficienza, ma garantisce più flessibilità agli Stati membri per raggiungerli attraverso i piani nazionali. Sui target di efficienza, secondo l’Eurocamera le case dovrebbero raggiungere almeno la classe di prestazione energetica ‘E’ entro il 2030 e ‘D’ entro il 2033 (la Commissione Ue proponeva di raggiungere la classe ‘F’ entro il primo gennaio 2030 e la classe ‘E’ entro il primo gennaio 2033). Gli edifici non residenziali e pubblici dovrebbero raggiungere le stesse classi rispettivamente entro il 2027 (E) e il 2030 (D) (la Commissione ha proposto ‘F’ ed ‘E’).
Il testo adottato prevede che tutti i nuovi edifici siano a emissioni zero dal 2028 (la Commissione proponeva il 2030), mentre per i nuovi edifici occupati, gestiti o di proprietà delle autorità pubbliche la scadenza è fissata al 2026. Tutti i nuovi edifici in cui è “economicamente e tecnicamente possibile” dovranno disporre di impianti solari entro il 2028. Nella classificazione di efficienza energetica, che va dalla lettera A alla G, la classe G dovrà corrispondere al 15% degli edifici con le prestazioni energetiche peggiori in ogni Stato membro. Inoltre, per l’Eurocamera gli interventi di miglioramento delle prestazioni energetiche (ad esempio sotto forma di lavori di isolamento o rinnovo dell’impianto di riscaldamento) dovranno essere effettuati al momento dell’ingresso di un nuovo inquilino, oppure al momento della vendita o della ristrutturazione dell’edificio.
Il via libera conferma anche una serie di deroghe, per cui le norme non si dovrebbero applicare ai monumenti e i Paesi Ue potranno scegliere di escludere anche edifici protetti per il “loro particolare valore architettonico o storico, edifici tecnici, quelli utilizzati temporaneamente, chiese e luoghi di culto”, spiega l’Europarlamento in una nota. Nel passaggio dal voto in commissione alla plenaria è stato rafforzato il raggio di azione delle deroghe alla ristrutturazione. Gli Stati membri potranno inoltre estendere le esenzioni anche a edifici dell’edilizia sociale pubblica in cui le ristrutturazioni comporterebbero aumenti degli affitti non compensati da maggiori risparmi sulle bollette energetiche.
Parte della polemica montata in Italia riguarda i costi di questa ondata di rinnovamento richiesta da Bruxelles, per la quale la Commissione Ue nella sua proposta non ha previsto un fondo specifico. Agli Stati membri sarà richiesto di mettere a punto dei piani nazionali di ristrutturazione degli edifici, che saranno poi integrati in quelli nazionali di energia e clima (Pnec) in cui stabilire una roadmap con specifiche scadenze per raggiungere classi di rendimento energetico più elevate in linea con il loro percorso verso le emissioni zero al 2050. I deputati, nella loro posizione spingeranno inoltre affinché i piani nazionali di ristrutturazione prevedano regimi di sostegno per facilitare l’accesso alle sovvenzioni e ai finanziamenti.
L’iter legislativo
Dopo il via libera in plenaria, nelle prossime settimane la presidenza svedese alla guida dell’Ue avvierà i negoziati tra i due co-legislatori dell’Ue – il Parlamento e il Consiglio – che sulla base delle loro rispettive posizioni dovranno negoziare un compromesso politico. Stoccolma ha dichiarato nei mesi scorsi di seguire con attenzione anche il dibattito che si è venuto a creare in Italia, impegnandosi a trovare un modo per bilanciare la transizione e a trovare un accordo politico sulla revisione entro la fine del semestre di presidenza, che si concluderà il 30 giugno prossimo. Secondo le stime approssimative, basate sulla proposta della Commissione Ue che difficilmente rimarrà uguale dopo il negoziato con il Parlamento europeo e gli Stati membri, per l’Italia potrebbe significare dover ristrutturare al massimo tra 3,1 e i 3,7 milioni di edifici residenziali entro il 2033, degli oltre 12 milioni totali.

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