Il potere dell'immaginazione: la storia di Dixit
Un gioco universale
Carlo Chericoni
|16 ore fa

I punti di Dixit- © Libertà/Carlo Chericoni
Con oltre 12 milioni di copie vendute e pubblicato in più di 40 lingue, Dixit è senza dubbio uno dei board game moderni più popolari e amati al mondo. Semplice da spiegare e immediato da giocare, è un titolo che diverte e allo stesso tempo fa emergere processi mentali sorprendenti nei partecipanti. Alla luce di questo successo verrebbe naturale pensare che online sia facilissimo trovare informazioni dettagliate sulla sua genesi; eppure non è così. Persino l’immensa Wikipedia, nella pagina dedicata a Dixit, non include un paragrafo alla nascita del gioco, e il suo autore, il game designer francese Jean-Louis Roubira, non ha nemmeno una voce a lui dedicata.
In realtà la scelta di Roubira di restare lontano dai riflettori digitali non è affatto misteriosa: per molti psicologi e psichiatri è normale mantenere un profilo basso sui social e sul web in generale. Il creatore di Dixit è infatti, prima di tutto, un pedopsichiatra che lavora con bambini e adolescenti, e proprio dalla sua esperienza clinica e dal suo percorso di studi nasce l’idea del gioco.
Già ai tempi della scuola Roubira amava passare il tempo con gli amici sfidandosi al «gioco del dizionario»: qualcuno sceglieva una parola poco conosciuta, inventava una finta definizione credibile e gli altri dovevano indovinarne il significato autentico. Di quelle partite ciò che lo affascinava davvero era il momento creativo in cui ognuno diventava autore di significati. Convinto che l’immaginazione sia fondamentale per la nostra sopravvivenza psicologica, decise di progettare un gioco che ne racchiudesse lo stesso spirito, ma senza bisogno di leggere o scrivere: qualcosa di più fluido e immediato, accessibile davvero a chiunque.
In realtà la scelta di Roubira di restare lontano dai riflettori digitali non è affatto misteriosa: per molti psicologi e psichiatri è normale mantenere un profilo basso sui social e sul web in generale. Il creatore di Dixit è infatti, prima di tutto, un pedopsichiatra che lavora con bambini e adolescenti, e proprio dalla sua esperienza clinica e dal suo percorso di studi nasce l’idea del gioco.
Già ai tempi della scuola Roubira amava passare il tempo con gli amici sfidandosi al «gioco del dizionario»: qualcuno sceglieva una parola poco conosciuta, inventava una finta definizione credibile e gli altri dovevano indovinarne il significato autentico. Di quelle partite ciò che lo affascinava davvero era il momento creativo in cui ognuno diventava autore di significati. Convinto che l’immaginazione sia fondamentale per la nostra sopravvivenza psicologica, decise di progettare un gioco che ne racchiudesse lo stesso spirito, ma senza bisogno di leggere o scrivere: qualcosa di più fluido e immediato, accessibile davvero a chiunque.

Nel 2002 l’idea di Dixit inizia a prendere forma: ogni giocatore ha in mano sei carte con immagini surreali dal sapore onirico. A turno uno dei partecipanti assume il ruolo di Narratore: sceglie una carta e, senza mostrarla, la descrive con una parola, una frase, un suono o qualunque indizio ritenga adatto. Gli altri ascoltano e selezionano a loro volta una delle proprie carte che potrebbe corrispondere alla descrizione. Le carte così scelte vengono mescolate e rivelate sul tavolo, quindi tutti, tranne il narratore, votano quale pensano fosse quella originaria. Se tutti o nessuno individuano l’immagine giusta, chi ha fornito l’indizio non ottiene punti e gli altri ne guadagnano pochi; se solo alcuni la riconoscono, sia questi giocatori sia il narratore fanno più punti. Per vincere bisogna trovare il giusto equilibrio: suggerimenti abbastanza tortuosi da sviare qualcuno, ma non così criptici da lasciare tutti completamente al buio.
Nel 2005, dopo aver realizzato un primo prototipo, Roubira inizia a utilizzare il gioco nel centro educativo in cui lavora, con l’obiettivo di aiutare i ragazzi a pensare e parlare meglio, cioè a mettere in parole emozioni e vissuti a partire dalle immagini delle carte. I risultati sono così convincenti che altri centri simili cominciano a chiedergli copie del gioco. È importante però sottolineare che, per stessa ammissione dell’autore, Dixit non nasce come “gioco terapeutico” in senso stretto: l’idea è fin dall’inizio quella di un passatempo per tutti, che trova poi una naturale applicazione anche nel suo lavoro clinico.
Nel 2005, dopo aver realizzato un primo prototipo, Roubira inizia a utilizzare il gioco nel centro educativo in cui lavora, con l’obiettivo di aiutare i ragazzi a pensare e parlare meglio, cioè a mettere in parole emozioni e vissuti a partire dalle immagini delle carte. I risultati sono così convincenti che altri centri simili cominciano a chiedergli copie del gioco. È importante però sottolineare che, per stessa ammissione dell’autore, Dixit non nasce come “gioco terapeutico” in senso stretto: l’idea è fin dall’inizio quella di un passatempo per tutti, che trova poi una naturale applicazione anche nel suo lavoro clinico.

A questo punto entra in scena Régis Bonnessée. I due si conoscono da anni grazie alla comune passione per i giochi da tavolo e vivono nella stessa città. Quando Roubira mostra il prototipo a Bonnessée, questo se ne innamora subito e decide di provare a proporlo agli editori. La prima tappa è Asmodee, che però rifiuta il progetto. Il «no» non scoraggia Bonnessée che decide di pubblicare autonomamente il gioco, fondando una nuova casa editrice, la Libellud.
Ci vorranno oltre due anni per raccogliere i fondi, rifinire le regole e soprattutto trovare l’illustratrice giusta. In questo periodo Roubira e Bonnessée lavorano fianco a fianco sull’identità visiva delle carte, fissando il principio secondo cui ogni illustrazione deve aprire la mente a molte possibili associazioni, senza mai raccontare una storia univoca. Per trovare l’artista adatto, Bonnessée pubblica annunci nelle scuole d’arte e su diversi siti, passa in rassegna centinaia di portfolio e alla fine sceglie una giovane illustratrice freelance appena uscita dalla scuola di arti decorative di Strasburgo: Marie Cardouat.
Nel 2008 Libellud pubblica finalmente Dixit. La prima tiratura è divisa tra il mondo professionale e il grande pubblico: circa mille copie sono destinate ai centri educativi e quattromila al mercato generale. Il gioco contiene 84 carte illustrate da Cardouat e un tabellone integrato nel fondo della scatola, con i segnapunti a forma di coniglio che diventeranno uno dei tratti iconici del prodotto.
Nonostante la sua natura volutamente astratta e un po’ straniante, Dixit diventa rapidamente un grande successo di vendite. Merito, in larga parte, del modo in cui riesce a toccare l’inconscio di ciascun giocatore. Le sue carte evocano ricordi, emozioni, frammenti di vissuto: sono piene di simboli, come pezzi di sogno, piccole finestre che si aprono sull’immaginazione. Questo crea un’atmosfera particolare durante le partite, che spinge i partecipanti a condividere pensieri e suggestioni. Ed è proprio lì che, secondo Roubira, si nasconde il più grande piacere che un gioco possa offrire: dare alle persone un pretesto semplice per comunicare davvero tra loro.
Ci vorranno oltre due anni per raccogliere i fondi, rifinire le regole e soprattutto trovare l’illustratrice giusta. In questo periodo Roubira e Bonnessée lavorano fianco a fianco sull’identità visiva delle carte, fissando il principio secondo cui ogni illustrazione deve aprire la mente a molte possibili associazioni, senza mai raccontare una storia univoca. Per trovare l’artista adatto, Bonnessée pubblica annunci nelle scuole d’arte e su diversi siti, passa in rassegna centinaia di portfolio e alla fine sceglie una giovane illustratrice freelance appena uscita dalla scuola di arti decorative di Strasburgo: Marie Cardouat.
Nel 2008 Libellud pubblica finalmente Dixit. La prima tiratura è divisa tra il mondo professionale e il grande pubblico: circa mille copie sono destinate ai centri educativi e quattromila al mercato generale. Il gioco contiene 84 carte illustrate da Cardouat e un tabellone integrato nel fondo della scatola, con i segnapunti a forma di coniglio che diventeranno uno dei tratti iconici del prodotto.
Nonostante la sua natura volutamente astratta e un po’ straniante, Dixit diventa rapidamente un grande successo di vendite. Merito, in larga parte, del modo in cui riesce a toccare l’inconscio di ciascun giocatore. Le sue carte evocano ricordi, emozioni, frammenti di vissuto: sono piene di simboli, come pezzi di sogno, piccole finestre che si aprono sull’immaginazione. Questo crea un’atmosfera particolare durante le partite, che spinge i partecipanti a condividere pensieri e suggestioni. Ed è proprio lì che, secondo Roubira, si nasconde il più grande piacere che un gioco possa offrire: dare alle persone un pretesto semplice per comunicare davvero tra loro.
Nel 2009 Dixit vince il premio francese As d’Or – Jeu de l’Année e nel 2010 conquista lo Spiel des Jahres, il riconoscimento più prestigioso per i giochi da tavolo. È la svolta che apre le porte a una diffusione internazionale e che trasforma di fatto Libellud in un editore di primo piano. Negli anni successivi arriveranno numerose espansioni con nuovi set di carte firmati da illustratori diversi e verranno pubblicate alcune varianti al gioco originale, come Dixit Party, una versione pensata per gruppi numerosi, e Team Dixit, studiata per squadre di due giocatori.
Accanto alle espansioni tradizionali, nel 2012 arriva anche Dixit Jinx, uno spin-off che riprende l’idea di interpretare immagini disposte in un tableau, ma la rielabora in chiave più minimale e astratta. Ideato da Josep M. Allué e illustrato da Dominique Ehrhard, Jinx aggiunge un tocco di abilità in quanto i giocatori devono indovinare la carta giusta il più in fretta possibile, prima che qualcun altro la afferri sotto il loro naso.
Nel 2021 è la volta di Stella: Dixit Universe, un titolo che reinterpreta l’associazione di idee in chiave più competitiva. I giocatori osservano una griglia comune di immagini e, dopo la rivelazione di una parola chiave, segnano segretamente quante e quali carte associano al concetto. Nella fase di verifica vengono premiate le coincidenze “esclusive” tra due giocatori e penalizzati coloro che osano troppo o restano isolati nelle proprie scelte, con la possibilità di “cadere” ed essere esclusi dal turno.
Nonostante le numerose espansioni, varianti e spin-off, il cuore di Dixit è rimasto sorprendentemente fedele al prototipo ideato nel 2004: una formula semplice ma potente, che soddisfa quel bisogno di creatività che spesso, nella routine quotidiana, resta inascoltato e che, secondo Roubira, è essenziale per la nostra salute mentale.
Accanto alle espansioni tradizionali, nel 2012 arriva anche Dixit Jinx, uno spin-off che riprende l’idea di interpretare immagini disposte in un tableau, ma la rielabora in chiave più minimale e astratta. Ideato da Josep M. Allué e illustrato da Dominique Ehrhard, Jinx aggiunge un tocco di abilità in quanto i giocatori devono indovinare la carta giusta il più in fretta possibile, prima che qualcun altro la afferri sotto il loro naso.
Nel 2021 è la volta di Stella: Dixit Universe, un titolo che reinterpreta l’associazione di idee in chiave più competitiva. I giocatori osservano una griglia comune di immagini e, dopo la rivelazione di una parola chiave, segnano segretamente quante e quali carte associano al concetto. Nella fase di verifica vengono premiate le coincidenze “esclusive” tra due giocatori e penalizzati coloro che osano troppo o restano isolati nelle proprie scelte, con la possibilità di “cadere” ed essere esclusi dal turno.
Nonostante le numerose espansioni, varianti e spin-off, il cuore di Dixit è rimasto sorprendentemente fedele al prototipo ideato nel 2004: una formula semplice ma potente, che soddisfa quel bisogno di creatività che spesso, nella routine quotidiana, resta inascoltato e che, secondo Roubira, è essenziale per la nostra salute mentale.


