Oggi i 30 anni dell'eccidio di Serbrenica

Un podcast racconta la guerra in Bosnia e le sorti della città martire

Donata Meneghelli
|5 mesi fa
Oggi i 30 anni dell'eccidio di Serbrenica
2 MIN DI LETTURA
Il numero 8372 è inciso sulla pietra all’ingresso del memoriale di Potocari, a 4 chilometri da Srebrenica, città martire della guerra in ex Jugoslavia. Il memoriale è un cimitero: una distesa di tombe bianche: le tombe di bosgnacchi, tutti civili, tutti maschi dai 14 anni in su, massacrati tra l’11 e il 17 luglio del 1995. Fu il più grande eccidio dopo la fine della seconda guerra mondiale. La corte internazionale lo ha definito genocidio perché fu pianificato dal generale Mladic, che ordinò ai suoi miliziani serbi di uccidere per fare ‘pulizia etnica’.
Sono trascorsi trent’anni. Come è stato necessario disseppellire i cadaveri lasciati dalle milizie serbe in oltre cento fosse comuni (la riesumazione e l’identificazione sono ancora in corso), così oggi è necessario disseppellire la memoria, portare alla luce l’orrore, per far luce sulle guerre e gli orrori di oggi.
La fa il podcast "Srebrenica - Il genocidio dimenticato" che a pochi giorni dall’uscita ha già scalato le classifiche (quando scriviamo è al quarto posto assoluto in Italia). E’ firmato da Roberta Biagiarelli, attrice, autrice, profonda conoscitrice della Bosnia, e dal famoso giornalista Paolo Rumiz che, inviato di guerra in Bosnia ai tempi del conflitto e ne smascherò inganni e costruzioni ideologiche (resta capitale il suo saggio di inchiesta “Maschere per un massacro”).
lL podcast è stato realizzato da Chora Media, la podcast company diretta da Mario Calabresi, che fa della narrazione giornalistica uno dei suoi fiori all'occhiello. Al podcast ha lavorato la redazione di Chora News, la divisione giornalistica di Chora Media, guidata da Francesca Milano. Sostegno di Coop Lombardia. Consulenza storica di Simone Malavolti e collaborazione di Azra Nuhefendic”.Dopo le 4 puntate già rilasciate, ne uscirà una quinta extra, che Biagiarelli registrerà proprio in questi giorni, in Bosnia dove metterà il monologo “A come Srebrenica” che porta in giro per l’Europa da 28 anni, e dove presenzierà al trentennale della strage, invitata al Memoriale di Potocari.
A Piacenza, una marcia per la memoria delle vittime di Srebrenica.
Quando la guerra in ex Jugoslavia finì, loro non erano ancora nati. Eppure oggi sentono la responsabilità di farne memoria: è la seconda generazione dei bosniaci, i figli di chi riuscì a sfuggire dalle conseguenze più terribili della guerra. O gli orfani di guerra. I figli della diaspora bosniaca.Sono bosgnacchi e insieme italiani, anzi piacentini, Arnel Nasic 25 anni e Amel Silnovic, 29 anni, vicepresidente e presidente della sezione piacentina dell’associazione Dzemat ILM (comunità islamica dei bosniaci in Italia) che domenica 13 luglio alle ore 19 organizza a Piacenza un corteo da piazza Duomo a piazza Cavalli, in ricordo delle vittime del genocidio di Srebrenica.Arnel, vice nell’unità piacentina dell’associazione e presidente a livello nazionale, è nato a Piacenza; già studente del liceo Respighi, oggi lavora come impiegato ed è sposato con Lejla. Ci spiega: “Due i momenti di memoria aperti a tutta la comunità piacentina che organizziamo da 6anni: a luglio la marcia per le vittime di Srebrenica e il 31 maggio la manifestazione delle fasce bianche per ricordare ciò che ci consumò nella mia città d’origine: Prijedor, dove nel ’92 le autorità serbe imposero ai cittadini non serbi di indossare strisce bianche ed esporre fuori dalle loro case lenzuoli bianchi, per essere riconosciuti. Assomiglia molto alla Stella di David imposta agli ebrei. Prijedor è a soli 300 km da Trieste, dal confine italiano, dal confine con la vecchia Europa. L’eccidio di Srebrenica fu solo l’atto finale di 4 anni di barbarie. Noi vogliamo tenere vivo il ricordo per dire: Mai più, né in Bosnia né altrove”.