«Il mio silenzio è come la pausa nella musica e l’anima respira»

Intervista ad Antonella Lumini - Eremita urbana, scrittrice, spesso definita “mistica”. Vive a Firenze, a dicembre sarà al Centro di vita di Albareto

Patrizia Soffientini
Patrizia Soffientini
|2 settimane fa
«Il mio silenzio è come la pausa nella musica e l’anima respira»
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Custode del silenzio. Mistica. Antonella Lumini rompe gli argini dei luoghi comuni su questa particolare, e per certi versi estrema, scelta di fede. E è una scrittrice ed eremita laica, nota per la sua vita dedicata all’esperienza del silenzio in ambito urbano a Firenze, dove ricava quotidianamente spazio per una pratica contemplativa e di ricerca spirituale.
Lumini sarà nel Piacentino il 7 e 8 dicembre ospite del Centro di vita la vite e i tralci dell’Associazione Operai della Grazia, sodalizio formato da laici, sacerdoti, consacrati. Il centro si trova ad Albareto di Ziano. Qui Lumini terrà un seminario residenziale dal titolo “L’eterno nel tempo - Passaggio antropologico”. In quei giorni Don Mauro Stabellini alle 12 celebrerà messa. Noi l’abbiamo incontrata ed è forte il segno che lascia.
Lumini, lei arriva da un percorso giovanile di non credente, ha studiato filosofia, attraversato il ‘68, poi l’incontro con il cristianesimo. Oggi è conosciuta come “custode del silenzio” conduce una vita molto ritirata, anche se il termine “eremita di città”, ho letto, non lo sente suo. Quando nasce e mossa da cosa questa vocazione? Qualcuno la definisce “mistica”.
«In gioventù, al tempo dell’università mi ero allontanata dalla fede, poi una grave malattia, guarita in maniera sorprendente con la macrobiotica, cui seguì una crisi di identità, cambiarono completamente la mia vita. Avevo 28 anni. Fu allora che cominciai a sentire un forte richiamo verso luoghi solitari e silenziosi. Sul greto dell’Arno, sulle colline, in montagna, poi alla ricerca delle radici verso i siti archeologici del Mediterraneo. In queste peregrinazioni solitarie e silenziose cominciai a percepire una gioia interiore che non conoscevo. Abitavo da sola e anche a casa mi immergevo lungamente nel silenzio. Seduta per terra, bastava un lume acceso. Mi chiamano eremita urbana, ma non ho mai cercato identificazioni. Posso comunque definirmi custode del silenzio, perché è quello che ho fatto. Mistica può corrispondere solo se la si intende come attitudine a coltivare la vita interiore, l’esperienza dello spirito».
Come può il silenzio aiutarci nella vita di tutti i giorni? Sembra proprio in antitesi con il diluvio di rumore e di informazioni.
« Il silenzio è come la pausa nella musica: senza il silenzio non ci sarebbe il ritmo. Come l’inspiro e l’espiro. Il silenzio fa parte della vita, se non gli diamo spazio, rischiamo di asfissiare o di impazzire, come a volte sembra accadere. Lo stress uccide l’anima e il malanimo fa vivere male, scontenti. Rumore, troppe informazioni accumulate in maniera caotica attivano aggressività, violenza...».
Nei suoi incontri come riesce a far aprire le persone, che tipo di esigenze interiori trova?
« Negli incontri, affrontando temi che riguardano l’interiorità, la spiritualità, è come ridare respiro all’anima. Le persone si sentono sollevate, incoraggiate, ritrovano fiducia in se stesse. Soprattutto negli incontri personali, si aprono, vengono fuori allo scoperto nelle loro paure, fragilità, angosce. Mi dedico molto all’ascolto, è quanto di più necessario. Non c’è fiducia nella vita, c’è paura per il futuro, senso di impotenza, solitudine vissuta male».
Ci sono dei maestri che lei riconosce tali nel suo cammino?
«Innanzitutto padre Giovanni Vannucci dei Servi di Maria, un vero illuminato del secolo scorso. L’ho appena conosciuto, è ormai morto da più di quaranta anni, ma l’eremo di San Pietro alle Stinche vicino a Firenze, da lui fondato, e i suoi libri sono stati per me un grandissimo sostegno. Ci sono poi i grandi mistici che mi hanno accompagnata e incoraggiata con la loro storia, fra tutti Meister Echkart, San Giovanni della Croce, Teresa D'Avila, Simone Weil. Nell’insieme però ho vissuto una grande incomprensione che mi ha causato lunghe notti oscure. In Occidente non è riconosciuto questo tipo di richiamo al silenzio, è stato molto difficile comprenderlo anche per me».
Più spiegarci cosa è Pustinia, un luogo o un’attitudine? Spesso viene accostata al suo nome.
« Pustinia significa deserto in lingua russa e corrisponde a una vocazione al silenzio della tradizione ortodossa da vivere al di fuori di ordini e istituzione, nella libertà dello Spirito. Molto conosciuta anche a livello popolare in Russia e nei paesi slavi. Chi avverte questo forte richiamo al silenzio, sa cosa significa. Basta la benedizione di un prete per mettersi in cammino. Invece da noi questo richiamo viene subito orientato verso possibili ordini o istituti. Per me è stato molto difficile riconoscere questa vocazione e accettarla. Sono andata avanti lasciandomi portare, affidandomi nonostante i dubbi e le paure, ma l’amore di Dio è stato sempre più grande».
Nel suo ultimo libro “L’eterno nel tempo - Dall’homo sapiens all’homo spiritualis” (Castelvecchi) lei espone alcune delle sue meditazioni in cui prende forma un cristianesimo «incarnato», radicato nella concretezza delle nostre azioni e nel tempo di ciascuna vita.
«Quest’ultimo libro tratta del passaggio antropologico che stiamo attraversando. L’homo sapiens ha tradito se stesso perché la vera sapienza include lo Spirito come componente essenziale mentre la ragione materialista che ci domina lo esclude completamente. La straordinaria evoluzione scientifica, non ponendo più limite alcuno, rischia in maniera allarmante di fare un uso irresponsabile della tecnologia. In particolare con l’introduzione dell’intelligenza artificiale il pericolo che prenda il sopravvento sull’umano è seriamente da mettere in conto. Sono allarmi inquietanti che generano smarrimento e paura a livello interiore, come dimostra l’incremento esponenziale delle patologie psichiche. Depressioni, autolesionismo, crisi relazionali, e così via, stanno ad indicare una profonda sofferenza. La visione materialistica della vita chiude l’anima in una prigione, spenge ogni anelito verso la contemplazione, gli spazi aperti che portano sull’onda dell’infinito e dell’eterno. Ma l’eterno sempre attraversa il tempo spostandone gli andamenti. Lo Spirito con la sua azione creatrice è sempre in atto nella Storia. L’annuncio evangelico accelera questo processo. Cristianesimo incarnato significa divenire strumenti dell’azione creatrice. L’amore testimoniato da Gesù più di sempre chiede di essere incarnato. Non è più tempo di apparire, ma di essere».
Antonella, come inizia e come si svolge la sua giornata? Non soffre mai di solitudine?
«Non ho una regola precisa. La libertà dello Spirito richiede di lasciarsi portare, non va d’accordo con troppa rigidità. Comunque l’unica mia regola è sempre stata quella di mantenere l’equilibrio fra la vita interiore e la realtà del mondo. La mattina cerco di concedermi un ampio tempo di silenzio. Prima la lettura di un passo biblico, poi l’immersione in totale abbandono portando lì tutto di me stessa, di coloro che ascolto, anche di certi eventi del mondo che più mi colpiscono. Amo moltissimo la solitudine, stare in quel solo a Solo che diviene relazione viva, profonda con se stessi e con Dio. Come il silenzio, anche la solitudine andrebbe valorizzata, vissuta come dimensione essenziale».