Flavio Cucchi: «Dalla chitarra classica al rock il salto è stato molto naturale»
Il chitarrista, noto e apprezzato in tutto il mondo e di recente ospite di Stefano Bollani, ha collaborato anche con Chick Corea (che gli ha dedicato un brano)

Eleonora Bagarotti
|2 settimane fa

Flavio Cucchi
Flavio Cucchi è uno dei più noti e ammirati chitarristi italiani, ha tenuto centinaia di recital in America, Europa, Asia e Australia partecipando a trasmissioni importanti su Rai (dove è stato, tra l’altro, ospite di Stefano Bollani), BBC, ZDF e altre.
Solista classico, si è esibito anche alla Scala, tra i tanti teatri, ma ha anche suonato nell’ambito della musica pop e ama il rock. Spicca, tra le sue tante esperienze, la collaborazione con il jazzista Chick Corea, che gli ha dedicato un brano e di lui ha scritto su una rivista americana: “Ascoltando un musicista abile e creativo come Flavio, sono stato ispirato a scrivere per lui e la sua chitarra... È molto eccitante per me ascoltare il risultato, vedere la mia idea realizzata con un’arte di così alto livello”.
Cucchi è anche saggista e docente e tiene masterclass in tutto il mondo.
Solista classico, si è esibito anche alla Scala, tra i tanti teatri, ma ha anche suonato nell’ambito della musica pop e ama il rock. Spicca, tra le sue tante esperienze, la collaborazione con il jazzista Chick Corea, che gli ha dedicato un brano e di lui ha scritto su una rivista americana: “Ascoltando un musicista abile e creativo come Flavio, sono stato ispirato a scrivere per lui e la sua chitarra... È molto eccitante per me ascoltare il risultato, vedere la mia idea realizzata con un’arte di così alto livello”.
Cucchi è anche saggista e docente e tiene masterclass in tutto il mondo.
Partiamo dalla chitarra: quando è avvenuto il vostro incontro magico?
«È avvenuto molto presto, quando avevo circa 5 anni. Ricordo molto bene l’incontro: ero a letto con il morbillo quando mio padre, che era un’anima artistica, si è presentato con un suo amico, un sarto dilettante della chitarra classica, che ha suonato alcuni pezzi per me. Ricordo ancora i brani che ha suonato: “Feste Lariane” di Mozzani e un Capriccio di Legnani. Era la prima volta che sentivo una chitarra classica e ricordo l’impatto emotivo che ha avuto su di me. Mio padre per il mio compleanno mi ha comprato una chitarrina e da quel momento non ho mai smesso di suonare».
«È avvenuto molto presto, quando avevo circa 5 anni. Ricordo molto bene l’incontro: ero a letto con il morbillo quando mio padre, che era un’anima artistica, si è presentato con un suo amico, un sarto dilettante della chitarra classica, che ha suonato alcuni pezzi per me. Ricordo ancora i brani che ha suonato: “Feste Lariane” di Mozzani e un Capriccio di Legnani. Era la prima volta che sentivo una chitarra classica e ricordo l’impatto emotivo che ha avuto su di me. Mio padre per il mio compleanno mi ha comprato una chitarrina e da quel momento non ho mai smesso di suonare».
Lei ha scritto anche testi sullo strumento e, soprattutto da musicista e da esecutore non si è posto limiti: ha eseguito Britten, per non parlare dei “classici”, ma ha anche collaborato con musicisti al di fuori dell’ambiente “accademico”. Come mai queste scelte?
«Questo dipende dalle mie esperienze giovanili: dopo la prima fase di studio della chitarra classica, con tanto di attività concertistica intorno all’età di 10 anni, nell’adolescenza mi sono trovato in una situazione ideale: nei primi anni ‘60, nel momento dell’esplosione del Rinascimento pop, (Beatles, Rolling Stone ecc.) nell’età d’oro della chitarra, quando tutti i miei coetanei desideravano imparare a suonarla, mi ritrovavo con una solida esperienza sullo strumento, quindi il passaggio alla chitarra elettrica è stato molto facile».
«Questo dipende dalle mie esperienze giovanili: dopo la prima fase di studio della chitarra classica, con tanto di attività concertistica intorno all’età di 10 anni, nell’adolescenza mi sono trovato in una situazione ideale: nei primi anni ‘60, nel momento dell’esplosione del Rinascimento pop, (Beatles, Rolling Stone ecc.) nell’età d’oro della chitarra, quando tutti i miei coetanei desideravano imparare a suonarla, mi ritrovavo con una solida esperienza sullo strumento, quindi il passaggio alla chitarra elettrica è stato molto facile».
Infatti lei ha suonato anche la chitarra elettrica...
«Ho suonato in diversi gruppi, incidendo anche un 45 giri per l’RCA, poi nel 1971 sono tornato al classico ma con una visione più ampia del far musica. Mi sono sempre sentito libero di suonare tutto quello che mi piaceva, a prescindere dal genere. C’è poi da considerare che negli anni ‘70 anche la musica contemporanea “colta” era aperta alla sperimentazione di nuovi linguaggi e mi sono trovato bene in quell’ambiente vibrante di novità. Ho avuto occasione di eseguire la prima mondiale della “Sestina d’Autunno” di Goffredo Petrassi, di eseguire opere di Hans Werner Henze, Sylvano Bussotti, di collaborare con importanti compositori a livello mondiale come Luciano Berio, Leo Brouwer ma anche incidere musica folk con Caterina Bueno, fare un tour europeo con il World Music Ensemble ecc…».
«Ho suonato in diversi gruppi, incidendo anche un 45 giri per l’RCA, poi nel 1971 sono tornato al classico ma con una visione più ampia del far musica. Mi sono sempre sentito libero di suonare tutto quello che mi piaceva, a prescindere dal genere. C’è poi da considerare che negli anni ‘70 anche la musica contemporanea “colta” era aperta alla sperimentazione di nuovi linguaggi e mi sono trovato bene in quell’ambiente vibrante di novità. Ho avuto occasione di eseguire la prima mondiale della “Sestina d’Autunno” di Goffredo Petrassi, di eseguire opere di Hans Werner Henze, Sylvano Bussotti, di collaborare con importanti compositori a livello mondiale come Luciano Berio, Leo Brouwer ma anche incidere musica folk con Caterina Bueno, fare un tour europeo con il World Music Ensemble ecc…».
Spicca, nel suo percorso, la collaborazione con Chick Corea, un mito della musica che le ha anche dedicato una composizione. Cosa ricorda, in particolare, di quell’esperienza?
«Anche se non ho mai seguito molto la musica jazz, ho sempre apprezzato il grande pianista Chick Corea per il suo tocco e il suo stile inconfondibile, quindi è stato per me una fantastica sorpresa trovarmelo davanti in camerino dopo un mio concerto a Los Angeles negli anni ‘90. Mi ha detto candidamente che pensava che si sarebbe annoiato ascoltando la chitarra classica ma il mio concerto gli era piaciuto e si era ricreduto… Siamo diventati amici e qualche volta mi ha fatto intervenire nei suoi concerti facendomi suonare l’introduzione di “Spain”, uno dei suoi brani più celebri ispirato dal “Concierto de Aranjuez” per chitarra e orchestra di J. Rodrigo. Con Corea ci siamo visti spesso quando lui suonava in Italia o io mi trovavo in Florida e nei primi anni 2000 mi ha fatto l’onore di dedicarmi “6 Ruminations for guitar”, che ho poi inciso per la Naxos».
«Anche se non ho mai seguito molto la musica jazz, ho sempre apprezzato il grande pianista Chick Corea per il suo tocco e il suo stile inconfondibile, quindi è stato per me una fantastica sorpresa trovarmelo davanti in camerino dopo un mio concerto a Los Angeles negli anni ‘90. Mi ha detto candidamente che pensava che si sarebbe annoiato ascoltando la chitarra classica ma il mio concerto gli era piaciuto e si era ricreduto… Siamo diventati amici e qualche volta mi ha fatto intervenire nei suoi concerti facendomi suonare l’introduzione di “Spain”, uno dei suoi brani più celebri ispirato dal “Concierto de Aranjuez” per chitarra e orchestra di J. Rodrigo. Con Corea ci siamo visti spesso quando lui suonava in Italia o io mi trovavo in Florida e nei primi anni 2000 mi ha fatto l’onore di dedicarmi “6 Ruminations for guitar”, che ho poi inciso per la Naxos».

Cosa pensa dei chitarristi rock - Jimi Hendrix, Pete Townshend... - o blues - Eric Clapton, Peter Green... - ecc? Ascolta anche musica rock-blues? Ha qualche preferenza?
«Considero i nomi che ha citato dei grandi artisti nel loro genere, originali, innovatori. Ancora oggi ascolto con piacere le loro musiche. Se devo esprimere una preferenza su un chitarrista “elettrico” direi senza dubbio Mark Knopfler dei Dire Straits (anni ‘70). Suonava con le dita della mano destra (senza plettro) ottenendo un suono molto personale, aveva fantasia, gusto e creatività davvero formidabili».
«Considero i nomi che ha citato dei grandi artisti nel loro genere, originali, innovatori. Ancora oggi ascolto con piacere le loro musiche. Se devo esprimere una preferenza su un chitarrista “elettrico” direi senza dubbio Mark Knopfler dei Dire Straits (anni ‘70). Suonava con le dita della mano destra (senza plettro) ottenendo un suono molto personale, aveva fantasia, gusto e creatività davvero formidabili».
Oltre a vantare una ricca discografia, lei pubblica moltissimo anche in digitale. Da ciò, si evince che l’utilizzo del web e della tecnologia non sia risultato, per lei, qualcosa di negativo. Sbaglio?
«Non sbaglia. Malgrado la mia generazione sia quella dei Boomers, quando si sono diffusi i computer ed è nato internet mi sono subito appassionato. Ho capito che si stava aprendo una porta su un futuro promettente e ricordo ancora il piacere di accendere il mio IMac blu trasparente e mettermi in comunicazione con il mondo. Oggi ho circa 200 pezzi di musica sulle piattaforme Internet (Spotify, ecc.) più di 80 video sul mio canale YouTube, ho progetti di nuove produzioni sia con la britannica ARCMusic/Naxos che con una nuova casa tedesca. La nuova tecnologia mi permette di registrare audio e video professionali nel mio studio, montarli, mandare i file musicali per email a un fonico per la masterizzazione e spedirli al distributore che li mette sul mercato mondiale. Tutto questo senza spostarmi dalla mia sedia.Rimpiango però il declino dei supporti fisici (Cd, Lp...) ora, anche se ho accumulato milioni di ascolti, non ho niente di mio che possa toccare o regalare e questo mi dà una sgradevole sensazione di vuoto».
«Non sbaglia. Malgrado la mia generazione sia quella dei Boomers, quando si sono diffusi i computer ed è nato internet mi sono subito appassionato. Ho capito che si stava aprendo una porta su un futuro promettente e ricordo ancora il piacere di accendere il mio IMac blu trasparente e mettermi in comunicazione con il mondo. Oggi ho circa 200 pezzi di musica sulle piattaforme Internet (Spotify, ecc.) più di 80 video sul mio canale YouTube, ho progetti di nuove produzioni sia con la britannica ARCMusic/Naxos che con una nuova casa tedesca. La nuova tecnologia mi permette di registrare audio e video professionali nel mio studio, montarli, mandare i file musicali per email a un fonico per la masterizzazione e spedirli al distributore che li mette sul mercato mondiale. Tutto questo senza spostarmi dalla mia sedia.Rimpiango però il declino dei supporti fisici (Cd, Lp...) ora, anche se ho accumulato milioni di ascolti, non ho niente di mio che possa toccare o regalare e questo mi dà una sgradevole sensazione di vuoto».

Cosa pensa del possibile utilizzo dell’AI in campo musicale?
«Tutto il male possibile. Mentre apprezzo la AI per l’incredibile velocità con cui fornisce conoscenza ben organizzata, (anche se andrebbe sempre verificata) penso che l’Arte dovrebbe restare nell’ ambito della creatività degli artisti e non degli algoritmi. La AI non crea niente, si limita a mescolare e mettere insieme idee altrui. Nell’Arte solo gli umani creano idee nuove e capaci di emozionare. Se una produzione musicale di AI sembra di qualità accettabile (e lo sarà sempre di più), lo deve agli umani che l’hanno programmata ma soprattutto agli umani che hanno creato i materiali che ha manipolato (i quali non saranno mai ripagati)».
«Tutto il male possibile. Mentre apprezzo la AI per l’incredibile velocità con cui fornisce conoscenza ben organizzata, (anche se andrebbe sempre verificata) penso che l’Arte dovrebbe restare nell’ ambito della creatività degli artisti e non degli algoritmi. La AI non crea niente, si limita a mescolare e mettere insieme idee altrui. Nell’Arte solo gli umani creano idee nuove e capaci di emozionare. Se una produzione musicale di AI sembra di qualità accettabile (e lo sarà sempre di più), lo deve agli umani che l’hanno programmata ma soprattutto agli umani che hanno creato i materiali che ha manipolato (i quali non saranno mai ripagati)».

