A Piacenza 12mila imprese nel terziario, il 43,9% nel commercio
L'analisi di Confcommercio: vi lavorano oltre 49mila addetti, pari al 60% dell'occupazione extra agricola. Ma il saldo imprese è negativo di 179 unità nei primi nove mesi
Redazione Online
|4 ore fa

Il quadro che emerge dall’ultimo Osservatorio Economico di Confcommercio Piacenza, elaborato da Format Research, conferma il ruolo centrale del terziario nell’economia piacentina, ma segnala anche criticità che richiedono attenzione da parte delle istituzioni e del sistema del credito. I dati analizzati fotografano l’andamento di imprese, occupazione e credito tra aprile 2024 e settembre 2025.
Nel 2025 le imprese extra‑agricole attive in provincia di Piacenza sono circa 19.500, di cui oltre 12.000 appartengono al terziario: il 63% del tessuto imprenditoriale locale. All’interno di questo perimetro, commercio, turismo e servizi si dividono il campo: il 43,9% delle imprese terziarie opera nel commercio, il 15,5% nel turismo e il 40,6% nei servizi. Piacenza è dunque una provincia in cui la componente commerciale e quella dei servizi avanzati pesano almeno quanto l’industria.
Nei primi tre trimestri del 2025 si registrano 333 nuove imprese del terziario a fronte di 512 cessazioni, con un saldo negativo di 179 unità, in peggioramento rispetto al 2024 anche se il dato non include ancora l’ultimo trimestre dell’anno. Il calo colpisce in misura diversa i comparti: il maggior numero di chiusure riguarda il commercio, mentre nei servizi la dinamica è più attenuata, segno che le attività legate alla logistica, alle professioni, all’informatica e al supporto alle imprese stanno reggendo meglio l’onda lunga delle difficoltà dei consumi.
«Il saldo negativo tra nuove aperture e chiusure – afferma Raffaele Chiappa, presidente di Confcommercio Piacenza - evidenzia come, nonostante la centralità del terziario, il tessuto imprenditoriale locale rimanga fragile. La dinamica riflette sfide più profonde legate alla capacità di attrarre e trattenere talenti, alla necessità di aggiornamento tecnologico e alla crescente concorrenza dei mercati digitali, sottolineando l’urgenza di strategie mirate per sostenere innovazione, formazione e diversificazione delle attività».
Sul fronte occupazionale il terziario conferma la propria funzione di “polmone” del lavoro. A Piacenza oltre 49.000 addetti, pari al 60% dell’occupazione extra‑agricola, lavorano in commercio, turismo e servizi, mentre il totale provinciale degli occupati supera le 83.000 unità.
Interessante il dato della dimensione aziendale: il 95,7% delle imprese terziarie è costituito da microimprese sotto i 10 addetti, che da sole danno lavoro al 56,2% degli occupati del comparto. Solo lo 0,1% delle imprese ha oltre 250 addetti, ma assorbe circa l’11,7% dei lavoratori. Il tessuto economico piacentino è quindi fatto di tante realtà piccole a cui si affiancano pochi grandi player che incidono fortemente sull’occupazione.
Dentro al terziario, le specializzazioni locali appaiono nette: nel turismo oltre il 94% degli addetti è impiegato in pubblici esercizi. La vocazione logistica di Piacenza traspare dai dati dei servizi dove trasporto e magazzinaggio esprimono il 16,6% delle imprese (contro il 12,2% nazionale) con il 27% degli addetti del settore servizi contro meno del 17,9% in Italia con una differenza di quasi dieci punti percentuali.
L’insieme di questi numeri si traduce in un peso determinante del terziario anche in termini di valore aggiunto: tre quarti della ricchezza prodotta sul territorio provengono da commercio, turismo e servizi, confermando il settore come vero motore di crescita della provincia. Rispetto al passato non si tratta più solo di “consumi e negozi”, ma di una filiera che integra logistica, attività professionali, sanità, istruzione, sport e cultura.
Proprio per questo desta qualche preoccupazione il capitolo credito: a luglio 2025 lo stock dei prestiti alle imprese del terziario piacentino è pari a circa 1,3 miliardi di euro, in calo rispetto a fine 2024 e ai livelli pre‑pandemici, mentre a livello nazionale il volume dei finanziamenti al terziario è tornato a crescere fino a 356 miliardi. La contrazione locale del credito, evidenzia l’analisi, rischia di comprimere la capacità di investimento di un settore chiamato a innovare, digitalizzarsi e sostenere la transizione green.
«Questi numeri – sottolinea Chiappa- ribadiscono la necessità di politiche che sostengano natalità d’impresa, ricambio generazionale e accesso al credito per commercio, turismo e servizi. Le microimprese, pur rappresentando la spina dorsale dell’economia locale, sono le più esposte agli aumenti dei costi e alla stretta creditizia. In un contesto di credito sempre più selettivo, il lavoro di una cooperativa di garanzia come Garcom diventa fondamentale e consente ai commercianti di continuare a investire e mantenere vitali le nostre comunità. In ogni caso occorrono strumenti mirati, dall’innovazione dei processi alla semplificazione amministrativa, dalla formazione continua al supporto alle reti di collaborazione, per accompagnare gli operatori nelle sfide dei prossimi anni».

