La statua della Dea Madre torna in Iraq
23 Luglio 2020 19:41
(ANSA) – ROMA, 23 LUG – Torna in Iraq la statua della “Dea Madre” di origine mesopotamica, risalente a circa il 4.500 a.C.: la cerimonia di restituzione si è svolta il 23 luglio a Roma, nella sede del ministero per i Beni e le attività culturali e per il Turismo, alla presenza del ministro Dario Franceschini, del generale Roberto Riccardi, comandante dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale (TPC), all’ambasciatrice irachena in Italia, Safia Taleb Al- Souhail. “E’ una giornata significativa che rafforza la storica collaborazione tra l’Italia e l’Iraq in materia di tutela e protezione del patrimonio culturale e che avremo modo ulteriormente di intensificare con la firma del Memorandum sulla cooperazione culturale e sul contrasto al traffico illecito dei beni culturali a cui stiamo lavorando e che vogliamo allargare ai settori della contemporaneità e allo scambio tra artisti e nuove generazioni di studiosi. L’Italia e l’Iraq hanno un grande passato comune e un grande futuro”, ha detto Franceschini. L’Ambasciatrice della Repubblica dell’Iraq Safia Taleb Al- Souhail, ha manifestato il suo profondo riconoscimento allo Stato italiano e a tutte le Istituzioni – ministero degli Esteri, Mibact e Comando TPC Carabinieri – che hanno un ruolo attivo e straordinario nel rintracciare e recuperare i reperti archeologici iracheni esportati illegalmente, tra cui la “dea Madre”. L’ambasciatrice ha espresso gratitudine al ministro Franceschini per aver promosso e ospitato la cerimonia di consegna nella sede del ministero e ha elogiato il distinto ruolo e l’impegno che esercita l’Italia nel campo della diplomazia culturale per la tutela del patrimonio mondiale. Durante l’incontro con l’ambasciatrice Safia Taleb Al- Souhail avvenuto prima della cerimonia, Franceschini ha ribadito che il recupero e la restituzione di questo antico manufatto è “un’altra importante prova di collaborazione e dell’eccellente lavoro svolto dal Comando carabinieri TPC di cui dobbiamo essere orgogliosi”. (ANSA).
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