Rosi, i miei incontri al confine tra vita e inferno
09 Settembre 2020 03:24
(ANSA) – VENEZIA, 08 SET – La “necessità di andare a vedere l’altra parte”: il punto di partenza di Gianfranco Rosi comincia dal porto di Lampedusa, l’immagine di Fuocammare così forte da dover distogliere lo sguardo, quei corpi ammucchiati nella stiva del barcone. Da quel film, amato ovunque nel mondo, Orso d’oro a Berlino, candidato all’Oscar, si cambia ma con Notturno ancora di più. “Mi riesce difficile elaborarlo ancora oggi, è stata un’esperienza di impatto fisico ed emotivo fortissimo, passare tre anni in posti sconosciuti, senza conoscerne la lingue, stare per mesi in luoghi sperduti, pericolosi, feriti, ti fa tornare diverso e ancora ringrazio i miei produttori che a distanza mi consolavano, mi davano coraggio”, dice Rosi che si commuove a ricordare i sentimenti privati, in solitudine – il film è stato girato da lui con un solo operatore – tra un’umanità che dolente è dire poco. Ora Notturno, in concorso a Venezia 77, sarà in sala e poi in giro per il mondo, richiesto già da moltissimi festival: Toronto, Telluride, New York e ancora, notizia di oggi, Londra, Busan, Tokyo. Protagoniste “otto persone, da luoghi distanti, diverse per esperienza”, le loro storie s’intrecciano in un mosaico tragico che seppure non spiega politicamente i drammi mediorientali – “sono ancora più confuso di quando sono partito” – danno allo spettatore uno scossone contro l’anestetizzazione cui ormai siamo abituati tutti sul tema dei migranti e delle guerre dimenticate. Un film di luce sul buio delle guerre come lo stesso Rosi definisce Notturno girato pericolosamente in Medio Oriente sui confini sempre incerti di Iraq, Kurdistan, Siria e Libano. (ANSA).
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