L’ho assaggiato per voi: “Oracolo” di Marco Cordani

Di Giorgio Lambri 31 Marzo 2019 17:50

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L’Oracolo non è solo un antico aruspice dalle previsioni infallibili, solitamente di natura spirituale, ma anche un’emozione dorata che da Montine di Celleri (sulle prime, morbide colline di Carpaneto) arriva nei nostri calici con i suoi profumi variegati e intriganti, un gusto sapido, minerale, potente e alla fine amarognolo e pulito.
Sfido parecchi intenditori in una degustazione “cieca” a geolocalizzarlo come vino del nostro territorio, infatti Marco Cordani, il suo geniale creatore lo definisce una rivisitazione della tradizione piacentina.
I genitori sono ben quattro: Malvasia, Ortrugo, Sauvignon, Moscato appassito. Ed  è proprio quest’ultima nota dolciastra che si avverte d’acchito al palato dopo nove mesi in vasca d’acciaio e sei in bottiglia. Ma andiamo per ordine.
All’esame visivo colpisce subito quel color oro antico, limpido, quasi da passito. Lo avvicinate al naso e la prima nota avvertita, come dicevo, è quella del moscato appassito, quindi dolce e frutta secca. Poi ecco salvia e susina gialla. Una “sniffata” davvero intensa, piena di sfumature, intrigante, dinamica. Che trova perfetto riscontro delle aspettative nell’assaggio.
Che volete che vi dica? A me sto vino piace parecchio. Mi sembra un giovane e talentuoso violinista che stacca per capacità dal resto dell’orchestra. Deciso, intenso, senza alcuna incertezza. Potenza controllata, sapidità adeguata. E un finale lungo che lascia una piacevole nota amaricante e un grande senso di pulizia.
E’ un vino che non sta in nessuna mezza misura: o piace o non piace. Io l’ho amato fin dalla prima volta che Marco me lo ha versato, al salone dei Vinificatori Indipendenti di Piacenza Expo, preziosa vetrina di novità enologiche italiane (e nostrane).
Ardito definirlo un “bianco”, più appropriato sarebbe un “arancione” spiazzante, con residuo zuccherino importante e tannini dati dalla macerazione sulle bucce, che lo connotano nella sua piacevole originalità.
Ah, dimenticavo il nome! “Quando l’ho fatto per la prima volta, con il blend per me totalmente inedito di queste quattro uve avevo un po’ di dubbi – racconta – pensavo che ci volesse proprio un oracolo per capire in anticipo cosa sarebbe saltato fuori; così, quando ho visto che “veniva” benone ho deciso di chiamarlo Oracolo”.

ABBINAMENTO

A pochi chilometri da Piacenza, sulla “rive gauche” del Trebbia, in località Malpaga di Calendasco, un piccolo locale di antica tradizione, la Trattoria dei Pescatori, propone un generoso e gustosissimo piatto di “tagliolini all’astice” che a mio avviso vengono perfettamente corroborati da Oracolo.

LA STORIA

La vocazione per la professione di vigneron Marco Cordani l’ha intuita fin da bambino, quando – a quattro anni – il nonno lo portava in vigna dotandolo di una forbice e gli insegnava la potatura. La sua famiglia ha un’antica dimestichezza con il mestiere, agli inizi del secolo scorso il bisnonno e il nonno, su un carro bestiame, venivano da Gossolengo a Celleri, per occuparsi di una vigna di “pianta madre” (cioè uva selvatica) utilizzata per contrastare la diffusione della filossera. Quella vigna, a emergenza finita, decisero  di acquistarla, nel dopoguerra l’attività o seguita da Giovanni, il papà di Marco, fino alla fine degli anni 90 quando è stato lui stesso a prendere le redini dell’azienda. “Abbiamo ancora clienti che comprano in damigiana, uno è un nostro fedelissimo da 45 anni – spiega – certo quando ho iniziato non avrei mai pensato di arrivare ad esportare metà della mia produzione fuori dall’Italia, negli Usa, in Giappone, Belgio, Danimarca e Svizzera”.
La cantina e le vigne di Marco si trovano in un angolo sconosciuto e suggestivo della Valdarda, lungo la strada che porta al Castello di Gropparello. I sei ettari di vigneto dell’azienda sono lavorati secondo i principi dell’agricoltura biologica, ma la cura per questi terreni è una lunga tradizione di famiglia che è sempre stata fatta rispettando l’equilibrio naturale dei terreni e dell’ambiente. Una cantina attenta alla storia del territorio, Marco che ha scelto di mantenere inalterate le tecniche di vinificazione tradizionali dotandosi di qualche tecnologia in più.
Dalla vendemmia 2015 produce vino biologico certificato, un ulteriore passo in avanti per raccontare anche attraverso l’etichetta il lavoro da sempre rispettoso della natura e delle persone. Si coltivano le uve tradizionali dei nostri colli: barbera, croatina, ortrugo, malvasia, trebbiano, moscato. “Ma abbiamo anche una piccola parte di Syrah – spiega – vitigno internazionale che sul nostro territorio esprime molto bene le proprie caratteristiche. In cantina utilizziamo vasche di cemento e poco acciaio per la vinificazione, per lo Syrah abbiamo scelto la vinificazione in anfora. Le barriques solo per il nostro Gutturnio classico riserva che effettua un breve passaggio in legno”.

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