Vado al massimo, vado in Messico… vado al Tropico Latino (da trent’anni)

Di Giorgio Lambri 23 Luglio 2021 12:29

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Vado in Messico, vado al massimo, vado al Tropico Latino. “Vascheggio” nostalgico in onore di un pioniere della ristorazione etnica a Piacenza, un locale che evoca l’amicizia, la caciara, l’allegria. Con calciatori e dirigenti del San Lazzaro, più di vent’anni fa, ci festeggiammo una promozione, ho ricordi nitidi solo della prima parte della serata e del fatto che pernottai sulla mia Renault 4… Nasce nel 1992, sulle ceneri della mitica anche se sfortunata “Sacrestia” del compianto Leo Menta. Il brand all’epoca era di una società di cui faceva parte anche Renato Pozzetto e che aprì locali a Bergamo, Verona, Milano, Bologna e Parma. Tutti in franchising. Oggi è rimasto solo il ristorante all’incrocio tra via Mazzini e via Sant’Eufemia. E il marchio è stato rilevato da Marco Bertoncini, subentrato nella gestione del locale nel gennaio 2004. E siamo sempre lì, come in tutte le attività che hanno un senso e un’anima, anche qui c’è dietro un sogno inseguito e poi realizzato, quello di un informatico che si stufa di girare l’Europa e con la moglie Anna (sua fondamentale complice) va a cena al Tropico e tra una fajita e un sangria scopre che la gestione del locale è in vendita.
“Ci è piaciuto subito – spiega Marco – oltre che per l’originalità della cucina, anche perché è un locale allegro e informale, così abbiamo fatto la pazzia e 17 anni dopo siamo ancora qua”.
Messico e nuvole! La nuova gestione ha però imboccato una strada di profonda innovazione rispetto al passato e questo ha garantito al locale un destino molto più fortunato di quello degli altri “gemelli” della catena.
“Per prima cosa abbiamo cercato e assunto una cuoca messicana, Lilly Sanchez – raccontano Marco e Anna – poi abbiamo messo mano direttamente alla ricerca dei prodotti, che in precedenza arrivavano attraverso il franchising. A cominciare dalle carni: il nostro controfiletto è irlandese e il filetto argentino, ma anche tutti gli altri ingredienti. Tanto per dire, il mix di spezie (segretissimo ndr.) che utilizziamo nei piatti ci viene preparato da un negozio specializzato di Milano”.
Per approfondire la loro cultura di una materia fino a quel momento sconosciuta Marco e la moglie sono anche partiti per un viaggio in Messico, destinazione Tulum e la costa dei Maya, tra mercati e negozietti, taverne e ristorantini tipici.
“La nostra idea era chiara – spiegano – rendere molto più artigianale e vicino al gusto dei clienti un locale che tutto sommato fino a quel momento aveva avuto connotazioni più vicine a quelle di una catena industriale che di una locanda”.
Così sono cambiati gli arredi, il colore dei muri, ma anche le bevande. Con nuove birre e una dozzina di tipi di tequila per i cocktail ma anche per il rituale finale di ogni cena con il chupito “boom boom” sul bancone del Tropico (“tocca riverniciarlo ogni anno” borbotta Anna). E poiché i piacentini a tavola comunque prediligono il vino, ecco una joint venture con il Poggiarello. “Con la collaborazione dell’amico sommelier Fabio, siamo saliti a Scrivellano ed abbiamo provato gli abbinamenti di ogni singolo nostro piatto con diversi vini – spiegano i gestori del Tropico – poi abbiamo deciso di tenere anche un po’ di bottiglie d’oltre oceano, cileni, e di ottima qualità”.
La maggior parte dei clienti per la verità continua comunque a prediligere come accompagnamento alla cena la rituale sangria, il “margarita frozen” alla fragola e la birra. È una clientela molto eterogenea quella del Tropico, tanti giovani, più donne che uomini, ma anche famiglie e gruppi di amici. “Una delle cose che ci dà più soddisfazione – puntualizzano Marco e Anna – è il vedere persone adulte che arrivavano al Tropico da ragazzini accompagnati dai genitori, poi ci sono tornati con la prima morosa o moroso; e adesso ci vengono da sposati con i loro figli”.
Tra un anno nel 2022 il Tropico festeggerà il trentennale. “Vorremmo organizzare un grande evento di tre o quattro giorni – spiegano i gestori – già quando abbiamo festeggiato il nostro 25º compleanno lo avevamo fatto ed erano venute a trovarci perfino due o tre suore messicane del vicino convento del Buon Pastore probabilmente richiamate dalla musica dei Mariachi”. Periodicamente infatti il Tropico organizza anche serate musicali, nella bella stagione e nei weekend occupa la piccola porzione di via Mazzini prospiciente il locale creando un clima da allegra fiesta messicana. Fajitas, burrito, nachos tipico e chili sono i cibi più gettonati di un menu che si sceglie direttamente con il QR code in ossequio alle norme anti Covid.
Ma i cibi messicani non saranno un po’ troppo piccanti per il gusto piacentino? “Assolutamente no – replica Marco – la quota piccante delle nostre proposte non arriva neanche al 20% dei piatti che abbiamo in carta”.
Nel periodo del lockdown il locale ha implementato ulteriormente la collaborazione con Deliveroo e l’attività di take away e recapito domestico della cena messicana. Anche se il core business resta ovviamente la ristorazione, con una clientela ormai è finalizzata, che non arriva più solo da Piacenza e provincia, ma anche da Stradella, Pavia, Parma, Fidenza e provincia.

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