Sara e un olio extravergine d’oliva “Eroico” sulle colline della Val Chero

Di Giorgio Lambri 23 Marzo 2023 18:05

Vai alla pagina principale di Pansa&Tasca

Questa è la storia di un sogno che è diventato realtà e di un olio “Eroico”, quanto meno nel nome. Il sogno è quello di Sara Marelli, 35 anni, piacentina dal sorriso rassicurante, che coltiva olivi a Mirandola di Gropparello, sulle morbide colline della Val Chero. A dare una svolta bucolica alla sua vita lei ci pensava fin da bambina, quando giocava nell’azienda agricola dei nonni, nella cui proprietà c’era un olivo centenario inselvatichito che perfino l’Università Cattolica venne a studiare. Ma per cullarlo, un sogno, serve almeno un complice e lei lo ha trovato nel marito Marco, con il quale da anni progettava una svolta agricola. Così due anni fa, quando si è offerta l’occasione di comprare questo appezzamento di terreno, non se la sono lasciata sfuggire e si sono buttati nell’avventura. È nata così l’Azienda agricola, battezzata con un nome poetico, “Tra terra e cielo”, che oggi coltiva 600 piante di olivi, delle qualità Leccino, Frantoio e Leccio del Corno.

“Ci siamo innamorati di questo posto fin dal primo sopralluogo – racconta guidandoci con una jeep alla visita della sua piantagione – quando salendo da Zena di Carpaneto in una giornata autunnale, la fitta nebbia si è squarciata quassù in un bel sole e ci si è dischiusa allo sguardo questo scenario meraviglioso”.

Nel 2022 Sara ha prodotto 150 bottiglie di “Eroico” da 125 e 500 ml. E quest’anno la stagione si preannuncia ancor più interessante. Trovate il suo olio a Piacenza da Kzero (in via Radini Tedeschi) e da Montanari (a Montale), in ristoranti come l’Antica Trattoria dell’Angelo e Rabarbaro, all’enoteca Welcome Coffee Shop di Cadeo, Gross Carni e Pappamondo a Carpaneto, La Bottega del Parmigiano a San Nicolò. Chiamata a definire le caratteristiche di “Eroico” ci tiene a precisare che il modello non è quello delle vicine colline liguri.

“Ho cercato di ottenere un risultato un po’ più intenso – spiega – vicino ai sapori del Sud Italia”. L’assaggio conferma la perfetta riuscita del suo intento. Giovane ma già determinata e con le idee molto chiare, Sara, che si appoggia a Confagricoltura per l’aspetto organizzativo istituzionale e alla vicina struttura di Maggi per la frangitura delle olive, spiega che questo tipo di coltivazione può aprire scenari davvero molto interessanti sulle colline del Piacentino. Ed auspica che i produttori della sua zona ma anche della Valtidone e della Valtrebbia riescano a fare rete e a creare una vera e propria filiera dell’olio piacentino. “Altroché Garda!” sbotta seria, “anche grazie al cambiamento climatico abbiamo le condizioni per creare una produzione territoriale di qualità che diventi anche riconoscibile sul mercato”.

TRENTA ETTARI / Attualmente nel Piacentino sono circa trenta gli ettari di terreno coltivati a olivo, concentrati per lo più tra Val Chero e Valtidone, ma anche in Valtrebbia e Valnure. Nel laboratorio della sede distaccata di Castelsangiovanni del campus Raineri-Marcora di Piacenza è stato anche installato il “frantoio della Valtidone” – acquistato grazie a una non scontata sinergia tra realtà locali, scuola e Comune – utilizzato dagli studenti per spremere le olive dei produttori locali. La spinta alla realizzazione era venuta, sulla base del bisogno di spremere in loco il frutto di 30mila piante di olivo disseminate nella valle, da Pro loco di Castello, LaValtidone e Casa Grande, che nel 2017 iniziarono a progettarne l’acquisto, rivolgendosi a sponsor, enti locali e finanziatori per raggiungere i 50mila euro necessari. Il frantoio è stato poi dato in comodato d’uso alla scuola. “L’anno scorso – spiega il Valentino Matti – abbiamo franto circa duecento quintali di olive a testimonianza di un attività che suscita sempre più interesse e che sulle nostre colline può trovare le condizioni climatiche ideali per dare ottimi risultati”. Oggi sono circa una cinquantina gli agricoltori che hanno piantato olivi tra Valtidone e Val Luretta, l’auspicio è che si riesca in tempi brevi a creare un’associazione che li raccolga e che magari lanci il “brand” dell’olio extravergine d’oliva di Piacenza.

LE REGOLE / Ecco le regole per abbinare l’olio giusto a ogni piatto. Sono cinque le grandi “famiglie” nelle quali si può catalogare un olio extra vergine d’oliva: dolce e leggero; fruttato medio; equilibrato (giusto rapporto tra fruttato, amaro e piccante); intensamente piccante e amaro; dal gusto molto forte e deciso, amaro e piccante. E’ importante considerare se si vuole che l’olio sia di supporto al piatto o alla cottura (pasticceria, frittura, con pesci). Ma anche se il suo ruolo sarà quello di sferzare il gusto del piatto rendendolo più saporito, profumato, persistente, ecc. (vellutata di patate) o viceversa debba fondersi con gli ingredienti del piatto senza spiccare (maionese). Ecco alcune regole basiche per l’abbinamento.

1) Un olio leggermente fruttato, con sentore di nocciole-pinoli-mandorle, al gusto si presenta principalmente dolce risulta azzeccato per piatti come: insalata fresca, pinzimonio, verdure e pesce bollito, minestra d’orzo e carpaccio di pesce crudo.

2) Un olio mediamente intenso, fruttato, di oliva fresca, erbaceo, con gusto leggermente amarognolo e delicata piccantezza finale si sposa idealmente con: insalate composite, passati di verdura, pasta e fagioli, crostacei al vapore e baccalà mantecato.

3) Un olio intenso dal profumo marcato di frutta fresca e di gusto amaro e piccante, può essere abbinato a: minestre e zuppe saporite, spaghetti con vari tipi di sugo a crudo, carpaccio di carne rossa, grigliate di carne e pesce.

4) Un olio intenso, fruttato erbaceo con riconoscimenti di carciofo verde, mandorla, saporito e dal gusto mediterraneo aggressivo, può essere utilizzato con: bruschetta, panzanella, fettunta, fagioli all’uccelletto, zuppa di lenticchie, zuppa di pesce, baccalà in guazzetto, carni e pesci alla griglia.

5) Infine un olio dall’aroma molto intenso, dal gusto forte e deciso, amaro e piccante, diventa compagno ideale per: carne in genere, pesce spada e tonno, porri a decisa tendenza dolce, focacce e pizze.

L’ESPERTO / L’antica saggezza popolare dice che “con l’olio ed il sale, si fa buono anche uno stivale”. Altroché generico condimento! L’olio extravergine d’oliva è un re della scena gastronomica che spesso si “accontenta” dell’Oscar come attore non protagonista. Lo sa bene Alessandro Villa, presidente dei Giovani Imprenditori di Unione Commercianti, che nel ristorante di famiglia, il mitico “Faccini” di Castellarquato sceglie ogni giorno tra sette/otto diverse bottiglie, quella appropriata alla portata che va in tavola. Ma non solo. Curioso e costantemente “affamato” di conoscenza enogastronomica, Alessandro ha anche ottenuto anni fa a Milano il diploma di “sommelier dell’olio” rilasciato dall’Aiso (specifica emanazione della Fis, Fondazione Italiana Sommelier). “Purtroppo sull’olio c’è ancora poca informazione da parte dei consumatori – lamenta – e c’è ancora chi prende dallo scaffale una bottiglia da 5 euro convinto di acquistare olio extra vergine d’oliva. Diciamo che la situazione è un po’ quella che era trent’anni fa per il vino, serve una nuova consapevolezza dei tanti aspetti per i quali è opportuno scegliere un olio di qualità, non ultimo quello legato alla salute”. Alessandro è particolarmente attento agli abbinamenti tra piatto e olio, perché – come giustamente osserva – scegliere bene contribuisce in modo determinante a esaltare oppure penalizzare una portata. Gli chiediamo a qualcuno questo punto qualche esempio partendo dalla classica caprese.

“Un ligure potrebbe andare bene – risponde – ma se si vuole seguire un filo logico con i due ingredienti protagonisti del piatto, cioè una buona mozzarella e il pomodoro, si può orientarsi anche su un siciliano Iblea i cui profumi richiamano il pomodoro e che non è troppo invasivo”. E su un pesce bianco, magari un bel branzino? “Lì non si scappa, un ligure è la morte sua. ma dato che siamo piacentino direi che anche l’olio nostrano di Gianpaolo Bononi è perfettamente adatto”. Una vellutata di zucca? “Qui il discorso cambia perché trattandosi di un piatto al quale bisogna dare una spinta attraverso l’olio si può pensare anche a un toscano, un umbro o un pugliese dal sapore deciso”. Insomma, per ogni piatto c’è un olio adatto. E la ristorazione deve essere sempre più sensibile a questa crescente richiesta di qualità da parte del cliente. “E’ un discorso da applicare anche ai caffè e agli infusi – spiega Villa – senza dimenticare i distillati, dobbiamo sotto questo punto di vista educare i nostri ospiti e sull’olio lo si può fare appunto attraverso la scelta, spiegando le differenze tra un delicato, un mediamente intenso e un intenso. E facendo capire il ruolo importante che questa opzione può avere sul piatto”.

[email protected]

© Copyright 2024 Editoriale Libertà