A Venezia “Lessons of love” di Chiara Campara con il piacentino Leonardo Lidi

01 Settembre 2019 12:00

DALLA NOSTRA INVIATA A VENEZIA BARBARA BELZINI

Nella sezione Biennale College il primo lungometraggio di Chiara Campara, “Lessons of love” ha come protagonista l’attore piacentino Leonardo Lidi.

Yuri ha trent’anni e non ha mai avuto una ragazza. Gestisce con suo padre un piccolo allevamento di montagna in un paese svuotato che conosce fin troppo bene, ma che non ha mai veramente scelto. Al night-club che frequenta fin da ragazzino incontra Agata, una spogliarellista, e in lei vede finalmente la possibilità di una relazione affettiva. Nel tentativo di salvarsi da una vita solitaria Yuri prende per la prima volta una decisione per sè stesso: lascia il padre e la famiglia e si traferisce nei sobborghi di una città vicina. Uno zio gli offre un lavoro e la possibilità di immaginare un’esistenza diversa.

Chiara, da dove nasce il progetto e come avete coinvolto Leonardo?

“Con l’altro sceneggiatore abbiamo cominciato a pensare a questo film partendo da un lavoro precedente di documentario, durante il quale avevamo vissuto per parecchio tempo in un piccolo paese in montagna, dove abbiamo poi girato il film e abbiamo toccato con mano una parte di realtà molto vicina, conosciuto persone simili a Yuri. Su questa base abbiamo inserito la ricerca d’amore del protagonista ed è diventata una storia di finzione a tutti gli effetti. Abbiamo incontrato Leonardo cercando Yuri: all’inizio volevamo fare street casting ma poi ci siamo resi conto che avremmo avuto bisogno di un lavoro di attore, abbiamo fatto un vero casting e nessun altro avrebbe potuto farlo se non Leonardo”.

Il film è molto materico, racconta il lavoro, parla di solitudine e di tentativi di uscire da questa solitudine: Leonardo, che è l’asse portante del film, si è trovato a fare effettivamente lavori di stalla.

Sei stato inserito in una dimensione molto diversa dal quotidiano, come ti sei trovato?

“Ci sono ancora persone che fanno il lavoro di Yuri e quindi per me era importante fare si un lavoro di finzione ma anche entrare nelle dinamiche reali delle persone e dei lavori e non è un caso che spesso la narrazione di questo personaggio passa attraverso le azioni, che descrivono pienamente il suo stato d’animo che spesso è di chiusura nei confronti delle altre persone. Ho lavorato cercando di seguire in maniera aderente l’idea di Chiara, che parte da un documentario e arriva alla finzione. Questo ponte ho cercato di farlo mio, di mettere il mio lavoro di attore teatrale, evitando di stare sopra le righe, e di diventare sempre più Yuri. Per fare questo siamo passati anche dalla manualità. Chiara ci teneva molto al fatto che conoscessi il lavoro, non che fingessi di essere in una stalla, ma che fossi presente, che avessi una relazione con gli animali. Mi sono visto adesso per la prima volta e devo ancora capire cosa ho fatto, ma mi sono fidato totalmente della regia e sono contento di averlo fatto”.

Chiara, in questa comunità isolata, colpisce la solitudine soprattutto perché si tratta perlopiù di persone molto giovani, l’hai osservato come dato reale?

“Io credo che sia molto reale: è una storia di solitudine, ma anche una storia di apertura, con un tentativo forse goffo, ingenuo, ma molto sincero e sofferto. è vero che nel film ci sono situazioni ai margini, anche se non c’è disagio o degrado. Non ci interessava raccontare un abbrutimento profondo, una ristrettezza economica estrema, ma qualcosa che fosse più vicino a una normalità, che però avesse anche aspetti di violenza. C’è una conversazione a tavola dove si parla di comprare delle donne su Internet, tante cose che vengono dette intorno a Yuri sono parte del suo disorientamento e sono complici della sua difficoltà nell’affrontare le cose perché non trova attorno a sé il giusto confronto, le parole giuste. Tanto di quello che viene detto attorno a lui è triste e arido, ma lui non è così. Ci interessava far vedere come anche un mondo che non è eccessivamente ai margini possa avere una parte di durezza che non aiuta una possibile apertura. L’unico incontro vero, che è quello con Agata, si scontra con questa chiusura, con questa difesa.

Leonardo, nel film non si parla molto, quindi probabilmente avrete lavorato molto di sottrazione, anche con gli altri attori.

“Chiara è stata molto attenta, ci ha raccontato il percorso totale di ognuno e mi sono sentito molto coinvolto nella descrizione degli altri personaggi perché era importante che ci fosse anche nelle parole e negli atteggiamenti degli altri il mio piano di ascolto, il mio riflesso. La storia la portava avanti anche quello che Yuri aveva intorno, quello che orbitava intorno a lui, a questo masso. Abbiamo parlato spesso di pietre, e c’è un associazione con gli animali che, anche che non hanno parole, non per questo non vivono quello che gli sta accadendo intorno. Per me è interessante che Yuri la coesione fisica la trova più che con le persone quando abbraccia la sua mucca. Bisognava avere in mente un percorso lucido e sono molto grato a Chiara che ci ha tenuto a coinvolgerci e non ci ha tenuto fuori dal discorso. Ogni sera, dopo le riprese, ne parlavamo come parte integrante del lavoro che stavamo facendo. Questo ti fa sentire capace anche di muovere piccoli equilibri e hai anche una responsabilità molto grande che è quella di non stare sopra alla storia, ma di ricevere la storia, e cercare di viverla, ma non di commentarla”.

Chiara, che tipo di riferimenti avevate in mente rispetto al film?

“Sicuramente ci sono i Dardenne, ma quello che abbiamo cercato di fare e linguisticamente meno estremo e forse anche narrativamente più sfilacciato, non così saldo e costruito in maniera classica come fanno loro. Uno dei riferimenti che avevamo soprattutto per il tono era un bellissimo film di Valeska Grisebach che si chiama “Desiderio”, che racconta una storia d’amore nella provincia tedesca in maniera impalpabile ed essenziale. Questo ci è stato suggerito da Biennale College e ci ha folgorato per la vicinanza di intenti che c’erano. In generale anche il cinema del reale più recente. Molte scelte sono pienamente legate al nostro percorso, era la prima volta che avevo attori, un team. è stato sperimentale anche per me, questa modalità”.

Il film non sarà semplice da distribuire, ma tenterà il percorso dei Festival, e chissà che non approdi a Piacenza accompagnato dal suo protagonista.

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