Cosa abbiamo di più caro… nei videogiochi? Per i Cristiani è Cristo
È riportato in un frammento dell’opera “Il dialogo dell’Anticristo” del filosofo e poeta Vladimir Solov’ev. E ai videogiocatori cosa interessa?
L’imperatore si rivolse ai cristiani, abbandonati da tutti, domandando loro «che cosa avete di più caro, nel cristianesimo?». Lo starets (un mistico della Chiesa Ortodossa) Giovanni gli rispose, con grande dolcezza, che ciò che i cristiani hanno di più caro è Cristo stesso e tutto ciò che viene da lui. Questo scambio di battute si trova nell’ultima opera del filosofo e poeta Vladimir Solov’ev: “Il dialogo dell’Anticristo”.
In questi giorni, ritrovandomi un po’ per caso dinnanzi a questo passo, mi sono chiesto come sarebbe la domanda dell’imperatore, se venisse posta a coloro che hanno a che fare con i videogiochi. Non mi sono messo a pensare alle rappresentazioni del cristianesimo nei videogiochi (che pure son ben presenti e, talvolta, anche interessanti), ma proprio a come si possa declinare quella domanda. Il primo approccio che mi è venuto in mente è legato al chiedersi «che cosa interessa maggiormente, ai videogiocatori?». Che non è comunque una domanda sbagliata. Anzi, sarebbe bello che il reparto marketing delle aziende se la ponesse un po’ più spesso con serietà. L’anno scorso abbiamo assistito ad alcuni flop catastrofici e clamorosi, nel mondo dei videogiochi.
Certo, il mercato è difficile, a volte si è semplicemente sfortunati, ma alla base c’è anche una mancanza di attenzione verso le aspettative e gli interessi di chi quei prodotti andrà a comprarli. Leggo, più o meno ciclicamente, qualche appello ricco di ideali, in cui si chiede all’industria videoludica di non perdersi dietro alla monetizzazione estrema e ai trend di mercato, per ritrovare una sorta di sua purezza. Sono d’accordo fino a un certo punto, perché a volte gli stessi trend di mercato porterebbero i team nella giusta direzione, se venissero però letti e compresi con uno sguardo differente, senza preconcetti.
In ogni caso, questo primo approccio alla questione sarebbe fin troppo riduttivo. Un altro spunto sarebbe quello di domandarsi quali siano le caratteristiche specifiche dei videogiochi che ci avvicinano a essi. Come l’idea di poterci immergere completamente in un affascinante mondo virtuale (lo si vede molto bene soprattutto coi videogiochi in virtual reality, dove indossiamo il visore).
O come l’agency che ci viene fornita in questi mondi: la capacità di lasciare un impatto significativo sulla realtà che ci circonda, in modo ben più forte e significativo rispetto a quel che generalmente avviene nella nostra vita. Oppure la capacità che hanno i videogiochi di farci entrare facilmente nel flow: quella sorta di stato di grazia in cui siamo totalmente concentrati su ciò che facciamo, quando ci viene presentata una sfida ingegnerizzata per portarci a un progressivo e costante miglioramento.
Anche in questo caso è tutto corretto e, a suo modo, interessante, ma direi che non basta. Allora ho deciso di ritagliare maggiormente il perimetro, ragionando non tanto sui “videogiochi” nel loro insieme, ma su alcuni di essi. Nulla di strano: i videogiochi sono diversissimi, al loro interno, sebbene spesso tendiamo a dimenticarcene. E allora mi sono detto: «E se fossero i videogiochi a farci la domanda che l’imperatore rivolge ai cristiani?». Ce ne sono effettivamente alcuni che ci spronano a fare questa riflessione, a chiederci cosa abbiamo di più caro al mondo, magari mettendoci davanti a certe scelte.
di Francesco Toniolo
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