Debutta su Netflix “La prova”, l’avvincente mini-serie crime svedese tratta da una storia vera
DIRETTA DA LISA SIWE (“THE BRIDGE”), RACCONTA UN CASO DI CRONACA NERA RISALENTE AL 2004 E RISOLTO DOPO 16 ANNI
Da diversi anni la Svezia è diventata la patria prediletta del crime. Che si tratti di narrativa – si veda la serie “Millennium” di Stieg Larsson che ha venduto oltre 100 milioni di copie nel mondo, così come le opere di Camilla Läckberg, giusto per citare i più famosi – o di serialità televisiva di genere (una tra tutte, la serie di successo “ The Bridge”), il paese nordico è uno dei più produttivi in assoluto quando si tratta di thriller avvincenti.
Proprio in queste settimane ha debuttato su Netflix una nuova mini-serie che appassionerà tutti i fan del genere, dal titolo “La prova – The Breakthrough”. Tratto dall’omonimo romanzo della giornalista Anna Bodin e del genealogista Peter Sjölund, questo serial in quattro puntate si ispira al secondo caso più importante di cronaca nera nella storia svedese, che ha visto protagonista la cittadina di Linköping, situata nella Svezia meridionale. Nel 2004, è avvenuto un misterioso duplice omicidio che ha visto coinvolte due persone: un ragazzino di appena otto anni, Mohammed Ammouri (nella serie, il nome è stato modificato in Adnan Abbas), e una donna di mezza età, Anna-Lena Svensson (nella fiction diventata Gunilla Persson), quest’ultima intervenuta in soccorso del bambino mentre questi veniva accoltellato a morte da un uomo dal volto coperto.
Nonostante la presenza di un testimone oculare e le numerose prove repertate sulla scena del crimine, il killer non viene trovato e le indagini finiscono su un binario morto. L’investigatore a capo dell’indagine, Jan Egon Staaf (nella serie John Sundin), decide, tuttavia, di non mollare e per 16 anni fa di tutto affinché il caso rimanga aperto, nonostante non ci siano evoluzioni positive nella sua risoluzione. Si arriva al 2020. Proprio quando ci si muove verso la chiusura delle indagini – in quanto il caso è divenuto oramai quello che in gergo tecnico viene definito “cold case” – l’ispettore scopre dell’esistenza di una nuova tecnica che permette di analizzare il Dna trovato sulle scene del crimine, ossia la genealogia forense. Questo metodo – che aveva già ottenuto ottimi risultati negli Stati Uniti, permettendo persino di risolvere un caso risalente agli anni Settanta, quello del Golden State Killer, che si macchiò di 13 omicidi e oltre 50 stupri – utilizza campioni di Dna per tracciare l’albero genealogico di un sospettato attraverso database genealogici accessibili al pubblico. Staaf decide così di ingaggiare il genealogista svedese Peter Sjölund, il quale si rivelò cruciale nella scoperta del killer: grazie all’analisi delle prove del Dna, Sjölund è riuscito a risalire alla discendenza dell’assassino fino a oltre 200 anni prima, ricostruendo un complesso albero genealogico che alla fine ha portato al sospettato, anche se non sveleremo l’identità dell’assassino in questo frangente. Basti sapere, però, che le prove in possesso della polizia furono determinanti e schiaccianti per il suo arresto e il successivo processo che ne seguì.
“La prova” – diretto da Lisa Siwe, la stessa regista dietro la macchina da presa di “ The Bridge” – si rivela un’opera true crime emozionante, capace di bilanciare le fasi procedurali tipiche di un poliziesco con un’indagine approfondita sulla tragedia umana – un aspetto che sempre più spesso si sottovaluta in serial analoghi. Perché, a differenza di molti prodotti di genere, la nuova serie targata Netflix non è proiettata sul killer, in quanto pone l’accento sulle vittime in primo luogo – e, di conseguenza sulla tragedia personale vissuta dai loro familiari – e sulle indagini condotte dalla polizia. Non c’è mai la sensazione che la serie ecceda nel morboso o che si focalizzi troppo sul carnefice, una tendenza che sempre più spesso si riscontra in prodotti televisivi appartenenti al genere. “La prova” si rivela una mini-serie di ottima fattura, con una fotografia straordinaria – dove la neve che ricopre lo scenario di questa piccola cittadina svedese, altra grande protagonista della serie, funge da metafora potente di quanto vediamo sullo schermo.
Il caso – divenuto un cold case irrisolto per quasi 20 anni – è come se fosse rimasto cristallizzato nella memoria collettiva della sua comunità e delle famiglie delle vittime, a loro volta “congelate” in una vita nonvita alla ricerca di una verità che ha tardato a venire allo scoperto. Ma alla fine, nonostante i tanti anni trascorsi, solo la scienza e la perseveranza degli esseri umani – alla ricerca costante della verità – hanno permesso che il killer di Linköping venisse consegnato alla giustizia. E a tutti quelli coinvolti emotivamente di trovare la pace interiore, neve e candida proprio come la neve.
Per tutti gli amanti o i neofiti delle serie crime “glaciali” del nord Europa, ecco alcuni pratici consigli di visione: partiamo da un grande classico più volte citato qui, “The Bridge” – di cui è possibile recuperare la serie originale svedese su Amazon Prime Video, ma di cui esiste anche un remake statunitense disponibile su Disney+, che tuttavia non è all’altezza dell’opera originale. La serie – ambientata sul ponte di Øresund, che collega Svezia e Danimarca – è incentrata sul ritrovamento di un cadavere sul suddetto viadotto dopo un black-out di circa un minuto, in cui le forze di polizia dei rispettivi paesi avviano una collaborazione per identificare il responsabile. Dopo le prime indagini, si scopre che i resti, posizionati esattamente sulla linea di confine tra i due Paesi, appartengono a una politica svedese e a una prostituta danese. Lasciamo a voi immergervi in questo straordinario thriller noir in salsa nordica, che vi terrà incollati fino alla sua risoluzione. Altra serie tv da non farsi scappare è “L’uomo delle castagne”: disponibile su Netflix, si tratta di una miniserie televisiva danese in sei episodi, ispirata al romanzo omonimo dello scrittore Søren Sveistrup. Questa volta le indagini partono con la scoperta dell’omicidio di un’intera famiglia in una fattoria isolata nella campagna danese, avvenuto nel 1987. Dopo circa 30 anni dal caso, una donna viene ritrovata morta in un parco di Copenaghen, con modalità molto simili al delitto avvenuto nella fattoria. Anche ne “L’uomo delle castagne” a prevalere sono momenti al cardiopalma, cadenzati da ritmi più compassati grazie alla straordinaria capacità dei prodotti nordici di fermare il tempo attraverso un uso studiato della fotografia e di un montaggio curato in ogni dettaglio, nonostante la tragicità dei fatti narrati.
Infine, altro grande prodotto da tenere d’occhio è “L’Infermiera”, anche questo tratto da una storia vera e raccolta in appena 4 episodi: la serie, anche questa disponibile su Netflix, racconta il doppio volto di un’operatrice sanitaria, accusata di una serie di tentati omicidi avvenuti nell’ospedale Falster di Nykøbing, che sconvolse la Danimarca nel 2015. Da non lasciarsela sfuggire, se siete amanti dei grandi colpi di scena.
di Fabrizia Malgieri
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