Edo Lusardi e la musica che unisce la terra al cielo

Oggi affronto un tema che mi sta a cuore e che sento profondamente. Ho deciso di farlo, entrando un po’ nel personale, dopo aver partecipato alla commovente cerimonia di consegna della batteria di Edoardo Lusardi ai Tempus Fugit. Edo, scomparso prematuramente, era un promettente percussionista e studente di Medicina, compagno di classe del gruppo di percussionisti al Conservatorio Nicolini di Piacenza, sotto la guida del maestro Daniele Sacchi. La famiglia di Edo, sabato scorso ha donato la sua batteria agli amici del figlio, ricordato dall’amico Francesco Brianzi tra le note del batterista Marco Prato. Il passaggio dello strumento è avvenuto nella nuova sede dell’associazione in via Verdi n. 44, messa a disposizione dal parroco di Sant’Antonino, don Basini. Questa è però solo la cronaca di quel che è accaduto. Il resto, quello che conta, è il senso di tutto questo.

Oggi, prima di tutto, rifletto su come il concedere uno spazio a un gruppo di giovani musicisti sia una testimonianza di fiducia concreta in una società che, sempre più spesso, ci racconta di risse tra ragazzini. Poi, penso al messaggio che la musica, da sempre, porta continuamente davanti al mio naso e cioè che, laddove si fa musica, c’è sempre un’anima dentro che salta fuori. Per questo a Edo, che ho avuto il piacere di conoscere e che proprio in questi giorni avrebbe compiuto 25 anni, è stata intitolata l’associazione Edo Lusardi – Il ritmo del cuore, con l’obiettivo di avviare e sostenere i giovani agli studi musicali.
La mamma di Edoardo ha detto che “la musica unisce la terra al cielo e continuare a suonare la batteria di Edoardo è il segno di una continuità eterna, di un legame infinito”. Queste parole hanno spalancato le porte alle mie lacrime. E mi è venuta voglia di raccontarvi una parentesi della mia vita che torna in circolo, regolarmente.

C’è un film musicale che mi ricorda, più di ogni altra cosa, la perdita di mio padre. “Yentl” è l’ultimo film che io e lui abbiamo visto e cantato insieme, prima che morisse. Papà adorava Barbra Streisand, la regista e interprete, e diceva che era “più bella di quelle belle davvero”. L’ho sempre pensato anch’io, anche se, in quegli anni, noi ragazze eravamo circondate dalle fotomodelle dell’edonismo anni Ottanta.
Quel film e la sua musica hanno segnato molti tratti della mia vita. E’ surreale, ma persino il carattere di Yentl è finito con l’appartenermi. Per lo meno, fino all’8 luglio 2019.
Hyde Park, Londra. Ho portato mio figlio Pietro al concerto di Barbra Streisand, sotto il manto stellato di un’ultima estate libera dal Covid. Ho ascoltato, tra milioni di stelle che sembravano occhi, i brani di “Yentl” e tutte le altre canzoni. Music of The Night dal “Fantasma dell’opera”, I Finally Found Someone, Send In The Clowns e A Piece Of Sky. Quel concerto, avrei dovuto vederlo insieme a mio padre. Il destino lo ha strappato presto via da me, ma la vita è una strana ruota che gira e ho finito col vederlo abbracciata a mio figlio. Che ci crediate o no, papà non è mai stato tanto vicino come in quel momento. Probabilmente, in quel manto di stelle sopra di noi c’erano anche i suoi occhi.
Un saluto ai Tempus Fugit, giovani musicisti straordinari che mi fanno guardare al futuro con ottimismo. E alla mamma di Edo: è vero, la musica unisce la terra al cielo, in una continuità eterna.

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