Uno sguardo dentro alle case, non solo romanzi ma anche videogiochi

“Il portinaio del diavolo” di Nigro e “The art of living” di Steinberg tra “The Sims” di Will Wright, “This War of mine” e Alfred Hitchcock

C’è qualcosa di strano, nello sbirciare all’interno delle case altrui. E’ qualcosa che normalmente non facciamo, perché ci sono tetti e mura che proteggono quelle case non solo dalle intemperie, ma anche dagli sguardi dei curiosi. Serve in effetti un evento eccezionale, fuori dal comune, perché ciò avvenga. Come per esempio un palazzo colpito da un bombardamento che ne ha distrutto una facciata, per cui è possibile buttare lo sguardo tra le macerie delle stanze che sono ancora in piedi. La letteratura si è interrogata in più di una occasione sui diversi modi con cui è possibile “aprire” una casa altrui per sbirciarvi all’interno senza essere visti. Ne ha parlato nel 2014 Salvatore Silvano Nigro, all’inizio del suo saggio Il portinaio del diavolo. Occhiali e altre inquietudini (pubblicato da Bompiani), in cui ripercorre brevemente la storia letteraria di questi sguardi indagatori, talvolta mossi da semplice curiosità, talvolta dalla noia, talvolta dall’esplicita volontà di scovare qualche segreto. E, al fianco della letteratura, Nigro cita anche alcune immagini, come il disegno The Art of Living (1949) di Saul Steinberg, in cui si vede l’interno di un edificio come se fosse una casa di bambola. All’appello non manca il cinema, con il celebre film La finestra sul cortile (1954) di Alfred Hitchcock, in cui un fotoreporter bloccato in casa per una frattura alla gamba spia i suoi dirimpettai. La condizione del fotoreporter è peraltro simile a quella dello spettatore: entrambi, immobili, spiano la vita di altre persone (attraverso la finestra l’uno, dentro allo schermo l’altro) senza essere visti.

E i videogiochi? Nel testo di Salvatore Silvano Nigro mancano all’appello, ma sarebbero stati un’ottima aggiunta. Il medium videoludico è infatti pieno di case da osservare, che spesso si aprono davanti ai nostri occhi proprio come le casette delle bambole, consentendoci di ammirare le varie stanze come se non avessero mura o tetti. Lo si vede per esempio in numerosi videogiochi di simulazione e gestionali. Come per esempio nella famosissima serie The Sims ideata da Will Wright e da sempre molto apprezzata. E’ una sorta di simulatore di vita in cui si seguono le vite di diversi personaggi (creati dal giocatore) tra quotidianità, feste e imprevisti di vario genere. In un caso del genere, siamo davanti a una sorta di grande casa per le bambole interattiva, ma ci sono altre situazioni in cui questa apertura degli edifici segue finalità differenti. Come si vede per esempio in This War of Mine (2014), un videogioco di sopravvivenza ispirato agli eventi dell’assedio di Sarajevo. In questo caso, la visione laterale dell’interno delle case, “tagliate” per mostrarne le stanze, ricorda il fatto che diversi palazzi, durante una guerra, sono effettivamente semidiroccati, scoperchiati dalle bombe.

Che si tratti di guerre o di quotidianità, il giocatore è sempre libero di osservare senza essere osservato a sua volta. Al contrario dei vari “guardoni” presenti in letteratura, che potrebbero essere almeno potenzialmente scoperti, in generale ci si sente al sicuro grazie al filtro dello schermo, con la sicurezza che quei personaggi virtuali non si gireranno verso di noi, sentendosi imbarazzati a causa del nostro sguardo indagatore. Questo, perlomeno, è quello che avviene nella quasi totalità dei casi.

di Francesco Toniolo

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