“La vita dispari”, a Bobbio l’ammirazione per la Cina di Paolo Colagrande

22 Agosto 2019 13:06

Per poco non ha indossato il Tangzhuang, la giacca con gli alamari tipica del paese del Dragone. Lo scrittore Paolo Colagrande, per una sera, è diventato (anche) un ambasciatore cinese in missione sull’Appennino piacentino. Nel terzo appuntamento della Settimana della letteratura di Bobbio, rassegna culturale organizzata da Edizioni Pontegobbo, il romanziere piacentino ha presentato il suo ultimo libro “La vita dispari” (Einaudi), finalista al Premio Campiello 2019, intervistato dal direttore di Telelibertà Nicoletta Bracchi. E fra una domanda e l’altra, Colagrande ha mostrato particolare ammirazione per la Cina, dove due anni fa ha preso parte a un importante festival letterario.

“Ne parlo spesso anche con i miei famigliari in casa – ha ammesso -, perché la reputo una nazione avanti almeno tre secoli rispetto all’Europa. In Cina, c’è una popolazione di lettori appassionati. I libri costano pochissimo, più o meno l’equivalente di tre euro. Nelle librerie regna il silenzio, quasi come in biblioteca. In più, ho percepito l’interesse per autori meno considerati in Italia, per esempio Volponi e Malerba. Alla fine del mio intervento, ho ricevuto numerose domande ben strutturate. C’è un divario abissale”.

Colagrande, tuttavia, ha confortato la platea con una buona notizia sul contesto locale: “Qua, vedo tanti ragazzi e ragazze che leggono e acquistano le opere cartacee. Il gap, casomai, si è formato nella generazione di noi adulti”. La crisi della letteratura – anzi, dei lettori -sicuramente non si è sentita a Bobbio, dove ieri l’altro molte persone hanno partecipato alla presentazione di “La vita dispari”, la storia umana di un ragazzino che vede solo una metà del mondo, destinato a diventare un adulto che vive solo a metà: “Nella realtà quotidiana – ha commentato Colagrande -, chiunque crede di vedere il mondo nella sua totalità. Al contrario, il cervello capta una piccola parte di dati e rigetta il resto. Nel mio caso, ho smesso di cercare di vedere l’insieme intero delle cose”.

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