"Bruce Springsteen - Liberami dal Nulla": la storia di un capolavoro di solitudine

Nel film di Scott Cooper (al cinema Corso) un cast eccezionale e una sceneggiatura introspettiva

Eleonora Bagarotti
Eleonora Bagarotti
|1 mese fa
Jeremy Allen White in "Bruce Springsteen - Liberami dal Nulla"
Jeremy Allen White in "Bruce Springsteen - Liberami dal Nulla"
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Bianco e nero. Bruce da piccolo tenta di convincere il padre alcolista, accasciato sul bancone di un bar, a tornare a casa.
A colori. Bruce nel 1981 in tour con la E Street Band, reduce da “Born to run” e già dominatore della scena.
Inizia così “Bruce Springsteen - Liberami dal Nulla”, che nella sua prima serata al Corso di Piacenza, ha richiamato un buon pubblico (stasera la proiezione in lingua originale sottotitolata).
Il film è incentrato su due tematiche: la depressione, di cui il Boss soffre da sempre (e che, con ostinazione, negli ultimi anni racconta in modo esplicito, dalla sua autobiografia allo spettacolo a Broadway) e la genesi di un capolavoro di solitudine. L’album “Nebraska” è il frutto di un’urgenza espressiva che trova sfogo nell’intimità. Un’intimità che il film di Scott Cooper tratteggia nel personale, ma che in realtà è un’intimità collettiva, quella che si nasconde nelle pieghe disperate e violente della società americana.
Jeremy Allen White con Bruce Springsteen alla prima del film a New York
Jeremy Allen White con Bruce Springsteen alla prima del film a New York
Jeremy Allen White/Bruce scivola perfettamente nel buco nero delle notti infinite in una casa in cui «il silenzio fa molto rumore» a Colts Neck, nel New Jersey, rivivendo scene difficili della sua infanzia, che coinvolgono principalmente il padre (un monumentale Stephen Graham).
Scorrono intanto le mete biografiche, a partire dallo Stone Pony a Asbury Park. L’ispirazione per Bruce proviene dai racconti di Flannery O’Connor - autrice geniale, malata e altettanto solitaria - e da film come “Badlands” di Terrence Malick, sulla storia dell’assassino Charles Starkweather, che ispirerà la title-track del futuro disco.
La serie di canzoni (metà delle quali entrerà nell’album “Born in The Usa”, pubblicato nel 1984) sgorga attraverso un piccolo registratore multitraccia, nella desertica camera da letto di Bruce - anche se, a un certo punto, compare una fidanzata immaginaria, che incarna le fidanzate di Bruce in quel periodo (aimé, le scene più lunghe e noiose della pellicola).
La proiezione al cinema Corso
La proiezione al cinema Corso
L’interpretazione di White (che ci aveva già colpite al cuore in “The Bear”) è a dir poco notevole e questo vale anche per Jeremy Strong, un Jon Landau profondamente umano, a sua volta in prima linea - meritatamente - nella storia artistica e privata del Boss.
I paragoni con (il meglio riuscito) “A complete unknown” di James Mangold non reggono, non fosse che per le interpretazioni musicali di White, che spesso abbracciano quelle della voce originale di Springsteen. Qui siamo di fronte a una parentesi più cupa e indolente, quando non alienata. I caratteri sono pochi e ben scolpiti, il biopic su Dylan era popolato e denso di dialoghi, urbano e dettagliato.
“Liberami dal Nulla” è piuttosto paragonabile a “Nouvelle Vague” di Richard Linklater, incentrato sulla creazione di un’opera singola da parte del protagonista. Un eroe e un mito. Ma anche un uomo solo in cerca di luce.
GLI SPETTATORI
«Non sapevo di questo lato di Springsteen», dice Cristina, che ha portato suo figlio al cinema.
«L’ho rivisto l’anno scorso a Milano: è ancora un Leone del palcoscenico», dice Matteo all’uscita. «Penso sia importante che Bruce abbia accettato di raccontarsi con i suoi momenti più duri, con gli attacchi di panico e i demoni del suo passato - osserva Maura -. Stasera a vedere il film c’erano anche diversi giovani, forse capiranno che anche i miti sono umani e non bisogna vergognarsi di chiedere aiuto».