“Spaccio e torture”: dieci carabinieri coinvolti e caserma di via Caccialupo sequestrata. “Come Gomorra”

22 Luglio 2020 15:02

Piacenza è sotto shock per l’inchiesta che ha portato al sequestro della caserma dei carabinieri di via Caccialupo con dieci militari colpiti da provvedimenti di custodia cautelare. In totale gli indagati sono 22. L’operazione Odysseus coordinata dalla procura di Piacenza e condotta da Guardia di finanza e Polizia locale si è svolta negli ultimi sei mesi, gli episodi più gravi sono avvenuti nel lockdown ma gli illeciti sarebbero iniziati nel 2017.

Le misure cautelari – Sono dieci i carabinieri sottoposti a misura cautelare nell’ambito dell’operazione Odysseus. Cinque sono in carcere (tutti della caserma Levante), uno è ai domiciliari, tre hanno obbligo di firma e uno ha l’obbligo di dimora. Anche per un finanziere è stato disposto l’obbligo di firma. La caserma Levante è stata posta sotto sequestro, solo un militare in servizio in via Caccialupo non è coinvolto nelle indagini. E’ la prima volta che una caserma viene sequestrata. Complessivamente gli indagati nell’ambito dell’operazione Odysseus sono 22.

Le accuse – Alcune delle accuse contestate a vario titolo sono: traffico di stupefacenti, ricettazione, estorsione, arresto illegale, tortura, peculato, abuso d’ufficio, falsità ideologica, violenza privata, truffa ai danni dello Stato. I comportamenti illeciti nell’ambito del traffico di stupefacenti spaziano dall’approvvigionamento durante il lockdown, contatti con spacciatori di livello, attività di staffetta per conto degli spacciatori, attività di custodia e detenzione degli stupefacenti, spaccio per conto proprio.

Le indagini – Le indagini sono state svolte nell’arco di sei mesi con intercettazioni telefoniche e telematiche. L’intensità dell’indagine è stata definita “a ritmi folli” dagli inquirenti. La segnalazione è arrivata alla Polizia locale da un carabiniere attualmente che non svolge servizio a Piacenza.
L’uomo di spicco sarebbe stato un militare della caserma Levante che avrebbe gestito un’attività di spaccio attraverso pusher di fiducia che proteggeva grazie al suo ruolo.
In base alle accuse, gli arresti di presunti pusher per recuperare gli stupefacenti da gestire e per apparire più bravi di altri colleghi, si basavano su circostanze inventate e venivano perpetrate condotte gravi nei confronti di persone “che non avrebbero osato denunciare”.

Alcuni episodi contestati – Un arresto risale al 27 marzo quando un pusher è stato percosso in modo violento mentre era ammanettato; il 3 aprile un altro arrestato è stato minacciato insieme alla madre. L’8 aprile un extracomunitario è stato fermato in bicicletta, condotto in caserma e picchiato per ottenere il numero di uno spacciatore che avrebbe avuto un ingente quantitativo di droga. Alla fine l’uomo è stato mandato via a calci. In questo caso sono contestati il sequestro di persona e la tortura. Durante il lockdown un militare ha fornito una falsa attestazione per consentire a un galoppino di andare a ritirare tre chili di marijuana. In una delle intercettazioni relative a un’episodio di estorsione si parla di “scene come Gomorra” per l’inaudita violenza. Inoltre nel giorno di Pasqua (periodo di lockdown) uno dei carabinieri coinvolti ha organizzato una festa conviviale, la segnalazione è arrivata in caserma e i colleghi compiacenti non hanno preso provvedimenti.

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Le dichiarazioni del procuratore capo Grazia Pradella – “Faccio fatica a definire questi soggetti carabinieri, non c’è nulla di lecito nel loro comportamento. Tutti i fatti più gravi sono stati commessi nel lockdown mentre a Piacenza la gente moriva per il Covid, con grande sprezzo nei confronti dei decreti emanati dalla presidenza del consiglio” ha dichiarato il procuratore capo Grazia Pradella che ha aggiunto “sono fatti gravi che però non intaccano la fiducia nell’Arma”. Presenti alla conferenza stampa anche i pm Antonio Colonna e Matteo Centini e il comandante provinciale della Guardia di finanza Daniele Sanapo.

Le dichiarazioni del comandante provinciale dei carabinieri Stefano Savo –  “E’ un colpo al cuore, collaboreremo perché venga fatta piena luce sui fatti” ha dichiarato il comandante provinciale Stefano Savo. Per i militari coinvolti il Comando ha disposto la sospensione dall’impiego.

 

 

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