“Quello scatto era il primo trasporto Covid. Oggi fa venire i brividi”

21 Febbraio 2021 00:05

Due operatori sanitari in un corridoio di ospedale, uno alza il pollice come per dire “Siamo pronti”.  Quell’immagine è stata scattata a poche ore dall’inizio dalla scoperta del Paziente1 a Codogno, il 21 febbraio 2020.

I protagonisti sono Enrico e Simone, erano pronti per il primo trasporto di un caso sospetto di Covid nella nostra provincia. “Era la prima volta in cui mettevamo in atto il protocollo di sicurezza – spiega Enrico Lucenti, infermiere del 118 e consigliere provinciale Opi (Ordine professioni infermieristiche) –, ricordo una grande incertezza di fronte all’ignoto e ogni volta in cui vedo quella foto, ripensando a quello che è successo dopo, provo una sensazione di sconforto e un tuffo al cuore, fa venire i brividi”.

Da quel giorno il mondo è cambiato e così anche il lavoro degli operatori sanitari. “Abbiamo visto la malattia nel suo esordio acuto, non ce lo aspettavamo, era qualcosa che usciva dalle nostre conoscenze – racconta Lucenti -. Portavamo via le persone dai loro affetti per un tempo indefinito e per noi questo aspetto è diventato un peso sempre più importante. Abbiamo sempre fatto in modo di consentire un saluto tra i malati e i loro cari. Ricordo un padre che dovevamo portare in ospedale, lui cercava di fare tutto in fretta ma noi gli abbiamo detto che poteva prendersi il tempo necessario per salutare i suoi figli”.

I ricordi del lockdown affollano la mente. “Piacenza sembrava un’autostrada deserta, c’eravamo solo noi con le nostre sirene. Solo quando arrivavamo a Barriera Torino capitava di dover dare la precedenza, non alle auto ma alle altre ambulanze. Eravamo tutti protetti con le tute e abbiamo imparato a riconoscerci dagli occhi”.

Cosa è rimasto ad un anno di distanza sul piano professionale? “Ho acquisito maggiore consapevolezza sull’importanza, oltre alla tecnica, delle relazioni durante il soccorso in emergenza”. Umanamente oggi come si sente? “Mi sento arricchito ma con un peso addosso che sarebbe difficile da sopportare se non fosse condiviso con i colleghi che hanno vissuto le stesse emozioni e paure”.

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