Il conto del turismo spaziale: cento tonnellate di CO2 per ogni passeggero

27 Luglio 2021 06:00

In questo articolo:

  • Le emissioni dei razzi per il turismo spaziale minacciano l’atmosfera
  • Per un viaggio di pochi minuti anche 100 tonnellate di CO2 per passeggero

I miliardari sono andati alla conquista dello spazio, aprendo al business dei voli turistici orbitali. A pagare però non saranno solo i viaggiatori – costosissimi biglietti che vanno dalle centinaia di migliaia ai milioni di euro – ma a quanto pare anche i cittadini del pianeta, che quelle cifre non se le possono permettere. A seguito dei primi voli di Virgin galactic (Richard Branson) l’11 luglio e Blue origin (Jeff Bezos) il 20 luglio scorso, non sono di certo mancate le osservazioni riguardo l’inquinamento collegato alla nascita di un futuro turismo spaziale, fatto di costosi razzi che rilasciano sostanze inquinanti nell’atmosfera.

La stima della discordia

L’articolo più citato dai media di tutto il mondo negli ultimi giorni è stato senza dubbio quello di Eloise Marais, docente di fisica presso lo University college di Londra. Qui la professoressa ha stimato che un volo “spaziale” – non quelli di Branson e Bezos ma di fatto paragonabili – possa arrivare ad emettere tra le 50 e le 100 tonnellate di anidride carbonica per ogni passeggero. Ma a quanto corrispondono simili cifre? Un volo di lunga distanza si ferma ad una emissione compresa tra una e tre tonnellate. Ogni anno l’Italia emette CO2 pari a 5,56 tonnellate per ogni abitante (il che non significa che ciascun italiano è direttamente responsabile di un simile livello di emissioni ma che dividendo l’ammontare complessivo delle emissioni italiane per il numero di abitanti si ricava questo valore).

I voli spaziali provati potrebbero aumentare la temperatura

Un’altra ricerca, stavolta pubblicata su Nature, si spinge direttamente a stimare l’impatto dei voli spaziali privati sulla temperatura media del pianeta Terra. Quest’ultima, sebbene un po’ datata nel tempo (2010) sosteneva che le emissioni di mille lanci di razzi privati (cifra non troppo distante da quella di un turismo spaziale a pieno regime) potrebbero potenzialmente alterare la circolazione atmosferica e la distribuzione dell’ozono, restando intrappolate nella stratosfera. Gli effetti sarebbero un aumento della temperatura dei poli di un grado celsius, in grado di causare la riduzione della superficie dei ghiacci polari tra il 5 e il 15%. “La pioggia e gli eventi atmosferici portano via queste particelle dall’atmosfera terrestre verso la superficie ma nella stratosfera non c’è pioggia, e queste potrebbero rimanere per un periodo compreso tra i tre e i dieci anni”, sosteneva Michael Mills, chimico atmosferico del Centro nazionale per le ricerche atmosferiche del Colorado.

La differenza tra i mezzi di Virgin galactic e Blue origin

Le compagnie di Richard Branson e Jeff Bezos hanno seguito strade diverse in termini di volo, tecnologia dei propulsori e anche nei propellenti. La Virgin galactic di Richard Branson utilizza uno “spazio-plano”, un aereo in grado di volare ad alta quota, sino ad 80 chilometri sul mare, atterrando come un velivolo tradizionale. Il propulsore utilizza un carburante ibrido, che combina sostanze solide e liquide, ma soprattutto emette di fatto gas serra nella stratosfera. Discorso diverso per Blue origin, navicella che viene spinta sino a circa 100 chilometri d’altitudine con un razzo spinto unicamente ad idrogeno e ossigeno liquido. Quest’ultimo non emette gas serra direttamente ma una grande quantità di vapore acqueo sì, che potrebbe avere effetti imprevedibili sul clima se scaricato in centinaia di tonnellate nella stratosfera. Insomma in ogni caso il tema dell’emissione di sostanze sgradite all’ambiente resta, e diventerà estremamente attuale una volta che i voli spaziali “commerciali” cominceranno a viaggiare a pieno ritmo: il solo Richard Branson prevede di organizzare 400 voli all’anno.

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