Alcuni Paesi avrebbero cercato di influenzare il rapporto dell’Onu sul clima

25 Ottobre 2021 06:00

In breve:

  • Un gruppo di paesi avrebbe cercato di influenzare gli scienziati dell’Onu per minimizzare la necessità di una rapida transizione dai combustibili fossili
  • A rivelarlo Greenpeace e Bbc, entrate in possesso dei commenti inviati dalle nazioni in risposta alle bozze del rapporto sul cambiamento climatico dell’Ipcc

Gli scienziati incaricati di scrivere il nuovo rapporto dell’Onu sul cambiamento climatico avrebbero subito pressioni da un gruppo di Paesi per modificare il testo. Questo lo scoop pubblicato da Greenpeace e Bbc, che sarebbero entrate in possesso di un corposo ammontare di documenti in cui, all’interno, sono riportati i commenti di Stati come Australia, Arabia Saudita, Giappone e Brasile, ciascuna nazione avente interessi particolari nell’evitare uno scenario di rapida transizione ecologica che, in un modo o nell’altro, colpirebbe in maniera rilevante la propria economia.

Un gruppo di Paesi rema contro le misure di contrasto alle emissioni

Un fulmine in un cielo di per sé già poco sereno. Lo scorso 21 ottobre è infatti stata pubblicata la notizia secondo cui un gruppo di Stati e organizzazioni internazionali avrebbe fatto pressioni per modificare il testo del rapporto delle Nazioni unite sul cambiamento climatico. Modifiche tese ad abbassare i toni riguardo la necessità di intraprendere immediatamente misure in grado di eliminare i combustibili fossili e, quindi, le emissioni di gas serra. Gli indiziati sarebbero Brasile, Australia, Giappone, Arabia Saudita e l’Opec (l’organizzazione che racchiude i principali produttori di petrolio del mondo).

Una quantità incalcolabile di documenti destinati all’Onu

Greenpeace e la Bbc avrebbero infatti visionato qualcosa come 32mila commenti avanzati dai Paesi delle Nazioni unite al gruppo di scienziati dell’Ipcc chiamato a produrre l’importante sesta edizione del Documento di valutazione del cambiamento climatico. Un mastodontico lavoro che ha occupato gli ultimi sette anni e che si prefigge di dare un esaustivo quadro agli Stati di tutto il mondo sull’andamento del cambiamento climatico, le prospettive future e, di conseguenza, le misure da adottare per contrastarlo.

L’Australia si tiene stretto il suo carbone

Stando a quanto pubblicato da Unearthed (Greenpeace), il commento dei rappresentanti australiani al rapporto Ipcc avrebbe riguardato principalmente il tema del carbone. Non è un caso: l’isola è uno dei principali Paesi esportatori del combustibile, ancora largamente impiegato nelle vicine (e in rapida espansione) economie asiatiche. Il commento riguardava le tecnologie di assorbimento e stoccaggio dell’anidride carbonica che, secondo l’Australia, dovrebbe affiancare la produzione del carbone e dei combustibili (e non essere sviluppata in sostituzione di questi), cercando di spostare più avanti nel tempo il momento in cui il mondo dovrà fare a meno dei combustibili.

“Il servizio della BBC sui documenti in questione (attivando la traduzione automatica dei sottotitoli è possibile seguire il video in Italiano)”

L’Arabia Saudita invita alla cautela nel voler abbandonare il petrolio

Va da sé che l’Arabia Saudita abbia avanzato un commento sulla sua principale ricchezza naturale, ovvero il petrolio. Gli scienziati dell’Ipcc all’interno del rapporto hanno insistito sulla necessità di “trasformare” il sistema dell’energia per poter mantenere l’aumento della temperatura rispetto all’era pre-industriale sotto i 2°C (come prevede l’Accordo di Parigi). Nei commenti dei Sauditi, invece, si sarebbe rigettato questo termine, replicando che “Bisognerebbe evitare di utilizzare la parola “trasformazione” perché implica a livello politico immediate azioni politiche”. Secondo l’Arabia Saudita invece “La transizioni ad una economia a basso utilizzo di combustibili fossili può essere effettuata attraverso interventi pianificati e considerando varie opzioni di transizione”. Riyad vorrebbe infatti che si puntasse sulle tecnologie di cattura dell’anidride carbonica, in modo tale da far sopravvivere i combustibili fossili ma limitare l’emissione dei gas risultanti dai processi di lavorazione successivamente. Una linea non molto distante da quella adottata anche dall’Australia.

Dal Brasile la difesa della dieta a base di carne

Tra i consigli contenuti all’interno del rapporto dell’Ipcc c’è anche la richiesta di un cambiamento della dieta dei Paesi avanzati. O meglio, una osservazione attraverso la quale gli scienziati fanno sapere che il passaggio ad una dieta vegetariana abbatterebbe le emissioni di anidride carbonica legate al processo produttivo della carne (dall’allevamento intensivo, passando per la produzione e il trasporto). Brasile e Argentina, due Paesi aventi secondo Greenpeace delle potenti lobby nel settore dell’agricoltura e dell’allevamento (produzione di carne ma anche di raccolti destinati alla creazione del mangime per gli animali), avrebbero insistito per rimuovere i riferimenti al cambio di alimentazione nei Paesi avanzati.

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