Nell’ambiente le plastiche bio non si degradano prima di quelle tradizionali

14 Maggio 2022 14:00

Le bioplastiche disperse nell’ambiente, ad esempio in mare o sulla spiaggia, hanno tempi di degradazione molto lunghi, comparabili a quelli di materiali plastici non bio.
Lo dimostra uno studio pubblicato sulla rivista Polymers dal Consiglio nazionale delle ricerche.
Gli scienziati hanno messo a confronto due polimeri tra i più impiegati negli oggetti di plastica (Hdpe e Pp) con due polimeri di plastica biodegradabile (Pla e Pbat), verificandone il grado di invecchiamento e degradazione rispettivamente in acqua di mare e sabbia.
L’esperimento è stato realizzato grazie alla piattaforma di monitoraggio ambientale “Stazione costiera del lab mare”, posta a 10 metri di profondità nella Baia di Santa Teresa nel golfo della Spezia.
Qui, grazie anche al supporto del Centro nautico e sommozzatori di La Spezia e della Cooperativa mitilicoltori spezzini, sono state alloggiate particolari gabbie progettate per contenere i campioni di plastica; è stata inoltre predisposta una vasca contenente sabbia, esposta agli agenti atmosferici per simulare la superficie di una spiaggia.
Nell’arco di sei mesi di osservazione, né i polimeri tradizionali, né quelli bio hanno mostrato una degradazione significativa, sia in acqua, sia sulla sabbia.
L’osservazione dei campioni, unitamente all’esito di analisi chimiche, spettroscopiche e termiche condotte presso il laboratorio pisano del Cnr-Ipfc, mostra che nell’ambiente naturale le bioplastiche hanno tempi di degradazione molto più lunghi rispetto a quelli che si verificano in condizioni di compostaggio industriale.
“Data l’altissima diffusione di questi materiali, è importante essere consapevoli dei rischi ambientali che l’utilizzo della bioplastica pone, se dispersa o non opportunamente conferita per lo smaltimento: è necessario informare correttamente”, spiega la ricercatrice Silvia Merlino del Cnr-Ismar di Lerici (La Spezia), coordinatrice del progetto.
“Questo studio – aggiunge Marina Locritani, ricercatrice dell’Ingv e co-coordinatrice dello studio – mette in luce l’importanza di una corretta informazione riguardo alla plastica biodegradabile, soprattutto dopo lo stop alla plastica usa e getta in vigore in Italia dal gennaio 2021 in attuazione della direttiva europea “Single use plastic”, che ha portato alla progressiva commercializzazione di prodotti monouso in plastica biodegradabile, come i polimeri presi in esame”.

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