Il futuro del biogas italiano passa da Comunità energetiche e biometano

25 Marzo 2024 05:00

In Italia sono poco più di 1.800 gli impianti biogas, con una produzione annuale di 2 miliardi e mezzo di metri cubi di gas rinnovabile destinato soprattutto alla produzione elettrica e termica rinnovabile.
Il nostro Paese è il quarto produttore mondiale di biogas, dopo Germania, Cina e Stati Uniti).
Inoltre, il mercato del biometano italiano è tra quelli che crescono di più in Europa: secondo i dati di Eba, l’Associazione europea del biogas, siamo passati da 1 impianto attivo nel 2018 a 51 impianti operativi nel 2022 (ultimo dato disponibile), di cui 18 agricoli.
È invece pari a circa 600 milioni di Smc (Standard metro cubo, l’unità di misura con cui viene misurato il gas ai fini della fatturazione), il biometano immesso in consumo nel settore dei trasporti.
In Europa i gas rinnovabili (biogas e biometano) ammontano a 21 miliardi di metri cubi all’anno e rappresentano il 6% del consumo di gas naturale dell’Ue.
Energia pulita e, sostenibile, che può anche garantire alle imprese agricole un ritorno economico.
Lo hanno rivendicato con orgoglio coloro che hanno preso parte a “Biogas Italy”, l’evento annuale organizzato a Roma dal Cib-Consorzio italiano biogas, intitolato “Think Negative. L’agricoltura carbon negative per produrre di più consumando di meno”.
“È stato un appuntamento molto importante – spiega Piero Gattoni, presidente del Cib (realtà che unisce un migliaio di aziende agricole e industrie) – per fare il punto della situazione e soprattutto per guardare al futuro del nostro settore, che inevitabilmente si intreccia con quello di tutto il Paese. In Italia il biogas agricolo sta ormai finendo una prima fase di sviluppo durata 15 anni e caratterizzata dalla costruzione di molti impianti, sostenuta anche da un adeguato sistema di incentivi”.

Piero Gattoni, presidente Cib, a Roma durante “Biogas Italy”

Lo scenario, inevitabilmente, oggi è cambiato. “Ma non è venuto il meno il ruolo-chiave che le aziende possono avere – precisa Gattoni – anzi, riteniamo che possa essere ancora più strategico. Le strade che abbiamo davanti sono due. La prima porta all’efficientamento delle strutture esistenti, che continueranno a produrre energia elettrica per autoconsumo o per cederla alla rete. In tal senso, anche per impulso del recente decreto che il ministro Pichetto Fratin ha presentato proprio a Roma, crediamo che per molti imprenditori sia ancora consigliabile investire nel biogas, magari pensando di rendere il proprio impianto centrale per le nascenti Comunità energetiche rinnovabili. Siamo in attesa che Arera fissi il prezzo minimo garantito per gli impianti biogas che non potranno convertire a biometano, speriamo facciano presto”.
La seconda via si collega addirittura alla crisi del gas innescata dalla guerra in Ucraina: “Molti dei nuovi impianti e buona parte di quelli esistenti, individuabili per dimensioni e vicinanza alla rete del gas, potranno accedere al contributo per la riconversione alla produzione di biometano per trasporti o per uso industriale. Crediamo possa essere una grande opportunità, giustamente sostenuta dal governo: l’indipendenza energetica dell’Italia passa anche da qui, tra l’altro da una fonte rinnovabile e da investimenti che possono rilanciare l’attività di molte imprese e salvaguardare posti di lavoro. Ovviamente tutte le iniziative dovranno rispettare criteri ambientali molto stringenti, come sempre fatto”, conclude Gattoni.

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