Il modello francese per incentivare le auto elettriche: il leasing di Stato

15 Aprile 2024 05:00

Il mondo dell’automobile è in transizione e l’obiettivo è di quelli ambiziosi: zero vittime sulla strada e zero emissioni inquinanti.
Anche la politica dell’Unione europea va in quella direzione con l’ormai celebre stop alla produzione di auto benzina e diesel entro il 2035.
E forse sulla spinta di questa decisione, gli italiani valutano la possibilità di acquistare un mezzo più sostenibile.
Secondo un’indagine del Centro studi della Fondazione Filippo Caracciolo, il 41% vorrebbe comprare un ibrido benzina o diesel e un altro 14% pensa al full electric.
Poi c’è la realtà in cui la mobilità elettrica si inserisce, con prezzi ancora elevati, colonnine di ricarica che non coprono l’intero territorio e un mix energetico che si affida ancora al fossile.

auto elettriche: il problema dei costi

Il costo è la voce che più di tutte pesa sulle spalle del cittadino. Oggi un’elettrica di fascia media comporta un impegno economico al momento dell’acquisto che va dai 30mila ai 60mila euro. A far crescere le cifre ci pensa soprattutto la batteria, che dipende dalla disponibilità delle materie prime, dall’inflazione e dall’effettiva domanda di mercato.
Per andare incontro a un altro tipo di target, le aziende produttrici stanno lavorando a modelli più economici e già entro il 2025 Volkswagen e Tesla potrebbero proporre veicoli da 25mila euro.
Ma aspettare che le aziende alleggeriscano l’offerta non è l’unica strada. Se gli incentivi in parte falliscono e rischiano di aiutare chi già poteva permettersi un’elettrica, una soluzione potrebbe essere il leasing sociale di Stato, che in Francia è già realtà.

il leasing di stato

Ciascun cittadino, con un reddito sotto i 15.400 euro, può guidare il mezzo scelto per tre anni, dietro il pagamento di un canone mensile ridotto (100 euro, che diventano 150 per le vetture familiari), e pensare poi di riscattarlo con una rata finale. Le richieste accettate a gennaio sono state 50mila (il doppio del previsto), altrettante sono state respinte per la fine del plafond da 650 milioni di euro.
L’Aci sta spingendo perchè questa misura venga copiata anche dall’Italia.
Una spinta concreta al rinnovo del parco auto circolante che al momento risulta molto vecchio. Oggi la maggior parte dei veicoli dismessi ha tra i 15 e i 20 anni e oltre un quarto ha già più di 10 anni. Di questo passo è probabile che, anche dopo il 2035, il 50% dei mezzi in circolazione si muova ancora con motore termico.

Poche colonnine in italia

Dall’altro lato c’è la questione infrastrutture. L’ultimo report di Motus-E ha calcolato che in Italia si può contare su una presa di ricarica ogni 5 vetture elettriche. Ma sono per lo più concentrate al Nord, con la Valle d’Aosta che risulta la regione più coperta in percentuale e la Lombardia che invece si guadagna il primo posto per numeri assoluti: quasi seimila colonnine sulle 19mila totali. Molto recente è invece la Piattaforma Unica Nazionale, una sorta di mappa interattiva sviluppata dal Ministero dell’Ambiente in collaborazione con il Gestore dei Servizi Elettrici per individuare più rapidamente il punto di ricarica più vicino. Al momento, però, non è completa.

Il nodo energia

Facendo un ulteriore passo indietro ci si scontra con la questione energia. Sebbene nel 2023 il 37% dell’elettricità consumata in Italia provenisse da fonti rinnovabili, il fossile è un porto sicuro a cui rimaniamo ancorati, soprattutto se si tratta di gas. E il nostro sviluppo di eolico e fotovoltaico va a rilento: la Gran Bretagna produce il doppio dei nostri GW, 109 contro 54, mentre la Germania è già a 200 GW. Se non cambia questo assetto, la riduzione delle emissioni provenienti dalla mobilità non sarà come sperato.

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