Roger Waters sta per tornare nelle sale con il suo show di Praga. L'album uscirà il primo agosto

E ieri si è celebrato il ventennale della reunion dei Pink Floyd a Live 8

Eleonora Bagarotti
Eleonora Bagarotti
July 3, 2025|9 giorni fa
Roger Waters durante lo show a Praga
Roger Waters durante lo show a Praga
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Al di là degli anniversari, come ci ricorda l’articolo sottostante di Giuseppe Maggi (che ospitiamo volentieri oggi nella nostra rubrica dedicata al rock), questa è un’estate molto calda per i fan dei Pink Floyd.
Dopo lo straordinario successo di “Pink Floyd at Pompeii - MCMLXXII”, di cui abbiamo spesso parlato in queste righe, Roger Waters sta per tornare, a sua volta, nei cinema e nei negozi di dischi. Intanto, è già online la clip della sua performance “Is this the life we really want?”, tratta dal film su uno dei suoi concerti più incredibili degli ultimi anni: “This is not a drill: live from Prague - The movie”, che sarà proiettato dal 23 al 30 luglio in molte sale italiane. L’elenco delle sale disponibili con tutti i dettagli del caso è già presente al sito www.rogerwaters.it
Ma il grande cesto estivo floydiano è ancora più ricco e succoso: il primo agosto uscirà infatti l’album live omonimo del film e sarà disponibile, come sempre, in vari formati: box con quattro Long playing, Dvd, due Cd, blu-ray e, naturalmente, digitale. Il disco si può pre-ordinare al sito di Roger Waters o presso i negozi e le piattaforme più note.

Sono note le posizioni politiche nette, specialmente negli ultimi anni, del cantautore e bassista ex Pink Floyd. Alcune hanno persino fatto sobbalzare, con presa di distanza mediatica, l’amico dei bei tempi - tempi lontani dalla famigerata reunion al Live 8 - David Gilmour. In ogni caso, il film e il disco sono già stati annunciati come «un grido potente contro l’indifferenza, un viaggio visivo e sonoro tra musica, presa di coscienza e forti emozioni». E data la genialità indubbia di Waters (sono stata tra i fortunati ad averlo visto più volte da solo in tour), sicuramente la sua opera saprà scuotere e incantare al tempo stesso.
La storia dello show è nota: il live è stato registrato alla O2 Arena in Repubblica Ceca il 25 maggio 2023. Verrà proposto con un montaggio mozzafiato di Sean Evans, collaboratore di lunga data di Waters (che, com’è noto, tiene molto agli effetti durante i suoi concerti).

Si dice si sia trattato del suo «primo vero tour d’addio», ma è anche vero che lo si è detto di molti altri artisti, più o meno suoi coetanei, salvo poi rivederli salire di nuovo in palco. Ma la cosa importante è che lo spettacolo abbia una sua forza, una potenza e un messaggio in cui Roger Waters crede: «Un atto di denuncia contro la distopia capitalistica in cui tutti noi lottiamo per sopravvivere ed è dedicato ai nostri fratelli e sorelle di tutto il mondo che sono impegnati nella battaglia esistenziale per l’anima dell’umanità».
Mai come in questo momento, sembra essenziale ribadirlo.
I Pink Floyd durante la reunion a Live 8
I Pink Floyd durante la reunion a Live 8
AMARCORD: VENT'ANNI FA LA REUNION DEI PINK FLOYD AL LIVE 8 DI LONDRA di GIUSEPPE MAGGI
Alla mattina del 2 luglio 2005 il pianeta intero sapeva che quella sarebbe stata una data destinata a essere ricordata nel tempo. Bob Geldof era riuscito a ripetersi, a distanza di vent’anni da Live Aid: tutto era pronto per Live 8. E se il primo evento aveva travolto il mondo con i suoi due concerti di Londra e di Philadelphia (con Phil Collins capace di esibirsi sulle due opposte sponde dell’Atlantico grazie a un volo con il Concorde) questo secondo appuntamento con la beneficenza globale si era allargato a ben nove sedi: alle due città che avevano ospitato Live Aid si erano aggiunte Parigi, Berlino, Roma, Barrie (Canada), Tokyo, Johannesburg e Mosca. Nessuno però aveva previsto che la data sarebbe passata alla Storia per qualcosa in programma all’interno dell’evento, per un momento del cartellone che alla fine avrebbe offuscato l’intero Live 8. Con buona pace della raccolta fondi e dei messaggi che gli organizzatori volevano imporre ai potenti del mondo.
Quel giorno una parte significativa dell’audience era davanti ai televisori di mezzo pianeta in attesa di quanto doveva succedere attorno alle 22, ora di Londra. Poi il programma ufficiale andò lungo e solo alle 23.23 quel momento tanto atteso si materializzò. Quando il grande totalizzatore del denaro raccolto superò la cifra di 27,10 milioni dalle casse acustiche del palco londinese iniziarono a rimbombare i colpi di un cuore che da trentadue anni tutti ben conoscevano e nessuno aveva dimenticato.
Un minuto dopo sullo schermo cominciarono a scorrere le linee con i colori dell’arcobaleno emesse da un fonocardiogramma e, nel tripudio generale del popolo raccolto sul prato di Hyde Park, David Gilmour, Nick Mason, Richard Wright e Roger Waters intonarono le prime note di Speak to me sotto le luci di un palco che in quell’attimo era diventato davvero il centro del Mondo. Dopo ventiquattro anni i quattro musicisti che avevano trasformato in leggenda il nome Pink Floyd erano tornati assieme per una unica irripetibile occasione. E quando, spaziando all’orizzonte attorno al minuto 8, le telecamere sapientemente scovarono in lontananza le ciminiere della Battersea Power Station (immortalata nella copertina dell’album Animals) il cerchio si era chiuso. E si era chiuso per sempre. L’esibizione di cui all’indomani tutti i giornali avrebbero parlato andò avanti (con Money, Wish You Were Here e Comfortably Numb) e alla fine i quattro salutarono allontanandosi dal palco dopo ventiquattro minuti, uno per ogni anno di distacco fra loro. Una apparizione che fece dimenticare esibizioni che quel giorno erano state comunque onorevoli, come quelle del cantante del momento Robbie Williams, del sempreverde Elton John, della diva Madonna e degli emergenti Coldplay.
A distanza ormai di vent’anni – e sarà così ancora per molto tempo – quella data, 2 luglio 2005, resta fissata come quella del ricevimento di un regalo unico, del più caro dei regali. E da quel giorno pian piano si è spenta la speranza di veder ripetere un giorno quell’avvenimento; ma, al di là della prematura scomparsa di uno di quei quattro artisti (Richard Wright), ben chiaro era stato il messaggio lanciato a Live 8: quella reunion fatta per scopi umanitari non prevedeva repliche. E, in effetti, di repliche non ce ne sono mai state.
Anche quel tentativo andato a buon fine era stato difficile visti gli attriti tra le due anime del gruppo: da un lato Roger Waters che lo aveva abbandonato credendo (e pretendendo) che gli altri non sarebbero andati oltre e dall’altro David Gilmour nuovo leader che non poteva permettersi che l’antico collega potesse rubargli la scena in mondovisione. A lavorare per mettere insieme i due era stato il quieto batterista Nick Mason (tra l’altro l’unico componente dei Pink Floyd presente in ogni formazione). Anche le prove avevano manifestato qualche dissapore con i due leader – quello vecchio e quello in auge – che reclamavano di suonare pezzi differenti. Ma alla fine i quattro erano saliti sullo stesso palco e, a vederli abbracciati al termine dell’acclamata esibizione, con soddisfazione reciproca. Di lì a poco i rapporti tra Gilmour e Waters si sarebbero acerbati irrimediabilmente.
Quel giorno di luglio del 2005 portò, dunque, a compimento l’arco di quarant’anni di carriera di quella che, assieme ai Beatles, è la band più importante e rivoluzionaria della Storia. Se non dal punto di vista del costume (i quattro di Liverpool hanno rappresentato un momento planetario unico) almeno per quanto riguarda la musica. Come gruppo rock i Pink Floyd hanno spezzato il perimetro della musica per praticare arte totale. Luci, suoni, grafica, cinema. Ogni campo ha avuto un loro contributo importante. Partendo da dischi riconosciuti come capolavori assoluti (Dark Side Of The Moon, Wish You Were Here, The Wall su tutti), il più delle volte segnati da copertine uscite dal settore musicale per entrare prepotentemente in quello del design, il gruppo è arrivato al grande schermo. Oltre che con alcune colonne sonore, per un film-concerto “senza pubblico” registrato nell’anfiteatro romano di Pompei (capace di riportarli in vetta alla classifica britannica poche settimane fa) e per il celebrato The Wall sotto la regia di Alan Parker. Complessivamente un punto inarrivabile nonostante i tentativi di altre band.
Ma del gruppo resterà la capacità di catalizzare le emozioni con la sua musica, spesso non classificabile in un genere (tanto da dover coniare il termine “Pink Floyd sound”)
e certamente non ancorata al suo tempo. Ascoltare oggi Dark Side Of The Moon o Wish You Were Here è come ascoltarli al momento della loro uscita, mezzo secolo fa. Non è da tutti. Ed era già così in quel fatidico 2 luglio del 2005.