Tra fabbriche e balere, ecco la Milano scomparsa di “Romanzo Popolare”
Memorabile prova di Tognazzi e Monicelli poco prima di “Amici Miei”, con lo zampino di Viola e Jannacci nei dialoghi e nella colonna sonora
Redazione Online
|1 mese fa

Tognazzi e Muti sul set discutono una scena con il regista Monicelli
Giulio Basletti (Ugo Tognazzi), cinquantenne operaio metalmeccanico di Milano, sindacalista e grande tifoso del Milan, rinuncia alla vita da scapolone impenitente per sposare la sua figlioccia appena sedicenne Vincenzina (Ornella Muti). La vita tra i due – tra ménage matrimoniale e serate trascorse con gli amici – scorre tranquilla, allietata anche dalla nascita del figlio Ciccio. Le cose cambieranno solo con l’arrivo del giovane poliziotto Giovanni (Michele Placido) che si innamorerà, ricambiato, della donna…
Nella sua essenza, la storia di “Romanzo Popolare” è la più antica del mondo. Questo film di Monicelli, trasmesso ormai assai di rado in tv nonostante sia stata una delle commedie di maggior successo degli anni Settanta, è originale soprattutto nella forma narrativa dichiaratamente ispirata ai fotoromanzi dell’epoca con le voci dei personaggi fuoricampo che commentano i momenti salienti della storia, con tanto di slow-motion e moviole. Ma anche i mille intrecci tra i protagonisti rendono “Romanzo Popolare” una fonte di aneddoti in grado di soddisfare la sete di curiosità del grande pubblico. Andiamo con ordine, a partire da quelli che riguardano i volti più noti di quella irripetibile stagione del cinema italiano. Innanzitutto questo film rappresenta uno dei vertici della proficua collaborazione tra Monicelli e Tognazzi, che all’epoca viveva il suo momento clou.
Dopo essersi incontrati professionalmente per la prima volta in occasione di “Gente Moderna” (episodio del film “Alta Infedeltà” del 1964), tra il 1973 e il 1975 i due giganti della commedia all’italiana incroceranno le proprie strade addirittura tre volte (oltre a “Romanzo Popolare”, il precedente “Vogliamo i Colonnelli” e il successivo “Amici Miei”) ottenendo sempre grandi successi che rafforzeranno il loro sodalizio. Del tutto inedita era, invece, la coppia formata dall’attore cremonese e Ornella Muti che si ritroveranno in seguito per Dino Risi ne “La Stanza del Vescovo” (1977) e “Primo Amore” (1978): come già nel film di Monicelli, inevitabilmente Tognazzi reciterà sempre la parte dell’uomo affascinato se non sopraffatto dalla bellezza della Muti. Tra i protagonisti della storia tra l’attempato Giulio e l’inesperta Vincenzina rientra a pieno titolo anche la città di Milano.
I fumi delle fabbriche, le manifestazioni di piazza, il traffico, le bocciofile e le balere, l’umanità semplice, umile e con tanta voglia di stare insieme: tutto questo concorre a disegnare un affresco della vita del capoluogo lombardo che ha pochi eguali nella storia della settima arte. Non a caso è Enzo Jannacci, il menestrello di quella città, a curare i dialoghi in argot meneghino e cantare la celebre e struggente “Vincenzina e la Fabbrica”, che rende indimenticabile la colonna sonora del film.
Il cantautore sembrava avere un feeling particolare con Tognazzi, essendo apparso perla prima volta davanti alla macchina da presa con indimenticabili incursioni nelle trattorie de “La Vita Agra” di Carlo Lizzani (1964, a proposito di cinematografia in salsa milanese!) e avendo fornito la sua prova più convincente sul grande schermo nel surreale “L’Udienza” di Marco Ferreri (1972). Per chiudere, ma non certo perché il suo contributo sia meno importante, impossibile non nominare Beppe Viola.
L’indimenticato giornalista e protagonista di punta della scena dello spettacolo milanese di quegli anni, è da annoverare a pieno titolo tra gli artefici del successo di “Romanzo Popolare”: co-autore dei dialoghi e del testo di “Vincenzina e la Fabbrica” insieme a Jannacci, Viola appare anche in un cameo nella parte della maschera di un cinema. Anche lui ritroverà Tognazzi pochi anni dopo, quando collaborerà ai dialoghi del penultimo film diretto dall’attore-regista cremonese “Cattivi Pensieri” (1976).
di Alessandro Garavaglia

