«Allenatori presenti anche a scuola»: l'eredità di Gianni Rubini

La vedova dello storico dirigente ricorda alcune delle idee del marito per migliorare tutto il mondo del calcio

Michele Rancati
Michele Rancati
|7 mesi fa
Gianni Rubini, primo a sinistra, quando dirigeva il piccoli del Podenzano
Gianni Rubini, primo a sinistra, quando dirigeva il piccoli del Podenzano
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È soprattutto rivolta ai giovani l’eredità calcistica di Gianni Rubini, lo storico dirigente calcistico scomparso nel 2018 che dopo aver scoperto tanti talenti (i fratelli Inzaghi su tutti...) e frequentato per anni la Serie A con Piacenza e Parma, ha chiuso la carriera con i bambini del Podenzano, il suo paese.
La vedova Rosalia “Rosi” Serena, leggendo il reportage sul calcio giovanile di Libertà, ha tirato fuori dal cassetto una lettera che nel dicembre 2016 scrissero a Gianni i genitori e i bimbi (il testo integrale qui a fianco): «Vi assicuro che anche a distanza di anni quei bambini, ora ragazzi, ricordano con dimostrazioni affettuose il loro allenatore», dice con orgoglio la moglie.
Rosi Serena ha respirato calcio per una vita: «Sono convinta che qualunque attività sportiva sia positiva e indispensabile per uno sviluppo equilibrato e felice di un bambino o di un preadolescente, ma solo se chi “coltiva” questi germogli riesce a lavorare tra autostima, disciplina ed accettare anche chi classe naturale non ha. Ho vissuto il mondo del calcio molto da vicino grazie alla passione immensa di mio marito, con il quale ho condiviso quasi cinquant’anni di partite, allenamenti, tv, discussioni e tutto quanto gira intorno al mondo del pallone. Gianni - aggiunge - era fortemente convinto che i bambini meritano particolare attenzione e che gli allenatori dedicati a questo settore necessitano di preparazione, formazione e soprattutto motivazione. Quindi non devono essere scelti casualmente, né tanto meno principianti sprovveduti».
Fra i tanti suoi scritti, ci sono alcune “raccomandazioni” che sono ancora molto attuali: «Sosteneva con convinzione che non bisogna adattare ai bambini l’allenamento dei grandi e che si debba allenare giocando, ma lasciar semplicemente giocare non va bene. Secondo lui le ore di educazione fisica a scuola andrebbero effettuate assieme a un allenatore della specifica disciplina, in questo caso il calcio. Coinvolgendo soprattutto le società dilettantistiche del territorio, perché, era certo, se in periferia il calcio migliora, allora si avranno grandi benefici anche al vertice».
Infine, una sorta di appello a società, dirigenti, allenatori e genitori: «Sto seguendo con particolare attenzione e interesse le puntate del “Viaggio nel calcio giovanile” che Libertà racconta in queste settimane. Continuiamo ad insegnare ai bambini il gioco più bello del mondo».